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IL FIGLIOL PRODIGO E IL PERDONO
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PATERNITA MATERNA DI DIO
RIVELATA DA GESU
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E il cuore che educa
Ecco concepirai un figlio,
lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Era il dono inatteso, la grande gioia
di una vita venuta dall'alto
e germogliata nel grembo fecondo
di una madre che non aveva conosciuto uomo.
E Gesù cresceva in sapienza, statura e grazia.
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CIO CHE E MIO E TUO
Capite? Pregarlo. Gesù riassume così quella parte del dialogo iniziale. Perché non viene spiegato come mai si sia dato il via a tanta festa, senza avvertirne il figlio ancora sui campi?
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CHE PADRE!
Dalla parabole del figlio prodigo ci sia consentito di ricavarne una specie di Decalogo di questo nuovo rapporto con Lui.
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nella parabola del figliol prodigo
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La struttura della parabola
È interessante, a questo punto, farsi un'idea del modo con cui venivano articolati questi pezzi del genere letterario, di cui il Salvatore si servì - come si è visto negli articoli precedenti - per materializzare il suo pensiero e così trasmetterlo più facilmente agli ascoltatori. Per prima cosa va detto che la parabola risulta generalmente composta di tre parti: Introduzione - Corpo di composizione - Conclusione.
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Festa in famiglia
Abbiamo visto già i calzari, di nuovo ai piedi del nostro ex porcaretto, il balenare dell'anello d'oro al suo dito, ancora redolente di servizio al suo branco suino... Ora il Padre ha una cosa più impellente, anche se meno artistica, da ordinare alla servitù:: "Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa!" (Lc 15, 23). Qui ogni parola va esaminata con attenzione e ammirazione profonda; vediamo!
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... perchè sconcertato
dal suo squallore
Il padre era rimasto sconcertato (quasi non lo sapesse) dello squallore che avvolgeva tutta la persona di quel suo figlio, tornato nuovamente fra le sue braccia. Lo abbiamo inteso gridare alla servitù che aveva nel palazzo di affrettarsi a portare "il vestito più bello" (Lc 15, 22- 23), per rivestirlo splendidamente, come a confermargli che era ancora il giovane padrone di prima, benché ora ridotto, a quegli estremi. Ad accentuare questa riconferma nella sua dignità, volle che portassero anche altri due simboli inconfondibili della nobiltà della origine: "L' anello al dito e i calzari ai piedi".
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... sulla via del ritorno!
Ricordiamo cosa successe quando il Padre vide da lontano il figlio, sulla via del ritorno. Luca ce lo descrive con tre voci verbali che commuovono fino alle lacrime: iI Padre " gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò" (Lc 15, 20).
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"Mi leverò e andrò da mio padre..."
Sinceramente, la conversione del giovane scapestrato non fu motivata dal rimpianto dell'amore verso il padre. Nello stato miserevole dove si era ridotto, non era più capace di sentimenti così nobili. Sentitelo come lo dice con sfacciata ingenuità: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza ed io qui muoio di fame!" (Lc 16,17). E' egoismo banale, ma realista. E' lo stomaco vuoto, non la coscienza, che muove la testa a riflettere. Quindi l'azione frenante e poi di richiamo del padre non avevano ottenuto un effetto confortante. Il giovane rimaneva sempre all'interno delle sue tendenze egocentriche, senza chiedersi: "Ma mio padre che penserà di me?". Il dolore con cui mi ha salutato sarà diventato condanna? Mi riaccetterebbe così indegno come sono? Niente: vede solo servi a pancia piena e lui a sbadigliare per la fame... Peggio di così?