Quando giudico gli altri sono così dissimile da Te, Gesù
...non solo perché con il Padre e lo Spirito Santo hai creato il cosmo, dalle galassie smisurate al microrganismo impercettibile, ma perché sai accettare tutti, piccoli e grandi, innocenti e colpevoli, o Maestro Divino.
Io stento a comprendere perfino me stesso (e questo non mi stupisce più, da un pezzo): figuriamoci gli altri che vivono con me.
Basta una semplice dissonanza di idee, il modo di essere, addirittura un aspetto o un portamento a me antipatico, per ritrovarmi addosso una strana indisponibilità, che sinceramente detesto, senza riuscire mai ad annullarla del tutto.
Peggio ancora, quando si tratta di chi mi ha ferito, chissà senza nemmeno avvedersene, non si sa da quanto tempo.
Allora, pur avendo perdonato lealmente, mi sorprendo a giudicare con scarsa magnanimità scelte e stile di vita, avvertendo un sottile fastidio della stessa presenza di queste persone.
Tutto questo, mi mortifica, anzitutto perché mi rende così dissimile da Te, Gesù, ma anche perché rivela rigidità nella mia struttura personale, da cui deriva una pericolosa chiusura al mondo esterno, e alla vera carità.
Tu, al contrario, hai accolto e amato chi non la sentiva come te, anzi ti diffidava e ti combatteva.
L'età che avanza tende a restringere ancora di più ogni orizzonte, a decalcificare ogni mia giuntura, riducendo progressivamente l'elasticità di pensiero e di benevolenza, che consente di accogliere ogni formula di novità.
E ne ho tarata paura...
Aiutami, Maestro buono, a rompere, o almeno ammorbidire, questo mio involucro facile a cristallizzarsi, che non mi porti a respingere coloro che tu mi avvicini, anzi li accolga con magnanimità non ostentata, per quello che sono, così come li hai voluti Tu.