Attaccatissimo alla sua terra, Oies, Val Badia, in Alto Adige, lascia tutto e tutti e parte per Shantung, una provincia cinese con 12 milioni di abitanti, e solo 158 cristiani.
Non sa parlare cinese, ma Lui dice: la lingua che tutti comprendono è lamore.
Incontra persecuzioni, torture, prigionia, ma è tanto lamore per questo suo popolo pagano, che nella lettera inviata ad un amico il 9 Febbraio 1892 dice:
"In quanto a me amo sempre i miei cari cinesi e non ho altro desiderio, se non di vivere e morire con loro Io sono ormai più cinese che tirolese e voglio restare cinese ancora in paradiso .
La speranza di Lucia scaturiva dalla sua carità, virtù che essa praticò fin dalla sua fanciullezza, quando comprese il significato dell'esistenza cristiana: come "Servizio di Dio". Questa elezione del Bene Supremo trovò conferma nel contatto con il suo direttore spirituale, S. Paolo della Croce e fu nel secondo incontro che si sentì affascinata dall'amor di Dio: "Ero fuori di me e nè so spiegarlo...".
Che fare? Resistere ancora all'impeto che non riesce più a contenere e tende a sollevarla in alto, in direzione di un Crocifisso a dimensione naturale?
PENSIERO DELLA DOMENICA + VIDEO CORRELATO Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Questa domenica, più delle altre, ci richiama alla gioia della attesa, la gioia della nascita del Salvatore che si avvicina ai più poveri, ai più assetati di speranza, di felicità, di tenerezza Partiamo dalle piccole gioie della vita quotidiana, per dare e ricevere gioia.Il lento scandire del calendario liturgico è simile alla meridiana nelle torre campanaria di una cittadina toscana con la scritta in mosaico: Sicut concitati equi fugit irreparabile tempus ossia "Il tempo corre veloce come i cavalli da corsa". Ci sembrava anacronistico già pensare al Natale ed invece lAvvento, periodo antecedente alla grande festa per noi cristiani, si sta esaurendo. Siamo alla terza Domenica di Avvento, ormai a pochi giorni dal traguardo liturgico della nascita di Cristo. La Liturgia anche in questa domenica ci propone un brano di Isaia, il profeta che occupa il primo posto nel Canone, per limportanza dei suoi vaticini, lampiezza della sua opera e la sublimità dello stile.
Dal nostro inviato tutte le news
dal Mato Grosso, Brasile
Come voi, anchio sono molto dispiaciuto di non aver ancora inviato un servizio brasiliano. Ma sono stato molto coinvolto nella permanenza dos italianos qui a Três Lagoas. E poi sono stato travolto dalle emozioni nellincontro con tanti volti ormai noti e tanto amati.
Ma le piú dure battaglie le abbiamo combattute, e solo ora parzialmente vinte, per avviare i nuovi corsi professionali: saldatura, cucito industriale, informatica e soprattutto officine di auto e di moto. Se ti muovi trovi mille ostacoli per andare avanti. Ma noi non possiamo arrenderci. È questione di vita o di morte.
Un sacerdote di Milano, don Giorgio Begni, chiese anni or so¬no a Corrado Bianchi Porro, una riflessione complessiva sulla sorella Benedetta, con particolare riferimento ai temi della Croce e dell'amicizia. Questa è la risposta di Corrado.
ASPIRAZIONI SPIRITUALI DI UNA MADRE DI QUATTRO FIGLI
Una conferma che il mondo non è ancora così allo sfascio, come tendenziosamente vogliono insinuare i mass media. Leggete e tenete conto che il meglio si è dovuto lasciarlo inedito, per riservatezza. Prendo carta e penna e comincio a scrivere, perché se aspetto il tempo per avere un po' di spazio tutto mio, questo tempo non arriverà mai. Sinceramente non riesco tanto bene a mettere in ordine le idee, per rendere il più chiaro possibile il mio stato.
"Al nome sia de Iddio et della Gloriosissima Vergine Maria protettrice di questa casa e di tutti i Santi della Celestial Corte". Inizia così un libro di memorie scritte nell'anno 1576 da fra Vittorio d'Arezzo, sacrestano maggiore del convento di S. Maria della Quercia e con questa invocazione anche io ho voluto cominciare questa storia che vuole essere testimonianza della fede di tanti uomini e dell'aiuto che la Madre Celeste offre ai figli devoti, quali essi siano, ricchi o poveri, sapienti od ignoranti, Papi o Imperatori.
L'immagine raffigurante
la Madonna della Quercia
La Madonna, come tutte le mamme, non fa discriminazione tra figli; il suo aiuto è per tutti. Continuiamo a leggere ciò che scrive fra Vittorio: "Dapprima ricordo come questo nostro luogo dove è ora la Chiesa et convento si chiamava il Campo Gratiano et era luogo incolto, et boscareccio.
In quel tempo si trovava a Viterbo uno certo Mastro Battista Magnano Iuzzante molto timorato de Iddio et devoto della gloriosa Vergine Maria, il quale l'anno 1417 fece dipingere in un tegolo, di quelli che si cuoprono i tetti, una immagine della gloriosissima Vergine Maria con il suo figlio in collo, a un certo pittore detto per nome suo proprio Monetto". Mastro Battista posò la tegola su di una quercia che stava ai bordi di una sua vigna, vicino alla strada che conduceva a Bagnaia e lungo la quale spesso i ladroni attendevano i viandanti. E lì rimase per circa 50 anni in incognito; solamente alcune donne che le passavano davanti si fermavano per dire qualche orazione e per ammirare la bellezza di un tabernacolo naturale che una vite selvatica, abbracciata alla quercia, aveva fatto. Durante questo periodo un eremita senese, Pier Domenico Alberti, il cui romitaggio era ai piedi della Palanzana, andava in giro per le campagne e le cittadine dei dintorni di Viterbo, dicendo: "Tra Viterbo e Bagnaia c'è un tesoro".
Molta gente, spinta dall'avidità, iniziò a scavare ma, non trovando nulla, chiese spiegazioni all'eremita. Egli allora portò costoro sotto la quercia prescelta dalla Vergine ed indicò il vero tesoro: "LA MADONNA". Narrò anche come un giorno per arricchire il suo romitorio si fosse deciso a portare via la sacra immagine e come quella fosse ritornata sulla quercia. Questa era la ragione per cui annunciava la presenza di un tesoro in quel luogo. Una delle donne che spesso passavano davanti alla quercia si chiamava Bartolomea e ad ogni passaggio si fermava a pregare la Vergine. Un giorno decise di prendere la tegola ed di portarsela a casa. Dopo aver detto le orazioni della sera, Bartolomea andò a letto ma, svegliatasi, la mattina non trovò più la sacra icone.Pensò che i familiari l'avessero posta altrove, ma, non sentendo parlare nessuno dell'argomento, corse alla quercia e vide ciò che già aveva intuito: la tegola era ritornata miracolosamente al suo posto. Dopo non molto tempo ritentò il furto, ma sempre la sacra immagine tornò sull'albero. Bartolomea però non disse niente per non essere presa per pazza. Nel 1467 , durante il mese di agosto, tutta l'Etruria Meridionale fu colpita dal più grande flagello di quei tempi: la peste. In ogni luogo vi erano morti; nelle strade deserte solo pianti e lamenti. Molti si ricordarono dellImmagine dipinta sullumile tegola e come spinti da una forza inspiegabile accorsero sotto la quercia. Niccolò della Tuccia, storico viterbese, presente al fatto essendo uno dei Priori della città, dice che in uno stesso giorno 30.000 persone erano in Campo Graziano ad invocare pietà. Pochi giorni dopo, la peste cessò ed allora ritornarono in 40.000 a ringraziare la Vergine ed erano abitanti di Viterbo, con a capo il loro vescovo Pietro Gennari, di "Toschanella, Caprarola, Carbognano, Bassano, Soriano, Civitella, Bagnaia, Buomarzo, Vetralla, Luprano, Chanapina, Montefiascone, Vitorchiano, Ronciglione, et molti altri circumvicini" dice fra Victorio.Nei primi giorni di settembre di quello stesso anno accadde un altro fatto straordinario. Un cavaliere viterbese aveva molti nemici e un giorno fu sorpreso da essi fuori delle mura di Viterbo, solo e disarmato. Non sapendo come fronteggiare quel pericolo si diede alla fuga in mezzo ai boschi. Stanco e disperato sentiva le grida dei nemici sempre più vicine. Alla fine fu vinto dalla stanchezza e scorgendo sopra la quercia la sacra immagine di Maria si gettò ai suoi piedi ed abbracciando con gran fede il tronco dell'albero mise la vita nelle mani della Madre Celeste. I nemici arrivati sotto la quercia si stupirono di non vederlo più e si misero a cercarlo dietro ad ogni albero, ad ogni cespuglio e lo sfiorarono ripetutamente senza più vederlo in quanto era sparito ai loro occhi. Non riuscendo a trovarlo, dopo molto tempo, se ne andarono.Allora il cavaliere, dopo aver ringraziato la Madonna, ritornò a Viterbo ed a tutti raccontò quanto successo. Bartolomea lo sentì, ed incoraggiata da quelle parole, descrisse i miracoli di cui era stata protagonista. Ed andavano dicendo a tutti quanto era loro successo con così grande entusiasmo e fede che la devozione alla Madonna della Cerqua si allargò a macchia dolio e moltissime persone, provenienti dalle località più diverse dItalia, continuarono ad accorrere ai piedi della quercia ed a raccomandarsi alla Vergine. Molte furono le offerte per cui si decise di costruire un altare (1467) ed una cappellina di tavole e successivamente, dopo che da papa Paolo Il venne l'autorizzazione, di costruire una piccola chiesa (1467 - 22 ottobre).
In un primo tempo la custodia della piccola cappella fu affidata ai frati Gesuati che, non potendo amministrare i sacramenti, perché ordine religioso laico, fondato dal Beato Colombini di Siena, avevano l'incarico di aiutare i pellegrini e di raccogliere le offerte. E le offerte continuavano ad affluire con la moltitudine della gente e perciò, dopo che i frati dell'ordine dei Predicatori sostituirono i Gesuati (1469), si decise di costruire una grande chiesa che via via, anche per l'incremento che diedero ai lavori ed alla devozione alla Madonna i frati della congregazione di San Marco, discepoli del Savonarola, arrivati alla Quercia nel 1496, tutto il complesso raggiunse lo splendore attuale.Nel 1577, il giorno 8 aprile, ormai completata, la chiesa venne solennemente consacrata dal Cardinale Francesco de Gambara, in onore "Nativitatis beatissimae et gloriosissimae Virginis Mariae"; il cardinale gran devoto della Vergine della Quercia, volle, alla sua morte, essere sepolto ai piedi dell'altare della Madonna.Molti furono i Papi devoti dellImmagine dipinta su tegola . Paolo II, Sisto IV, Innocenzo VIII, Alessandro VI, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Paolo III, Giulio III, Paolo IV, Pio IV, San Pio V, che alla protezione della Madonna della Quercia aveva affidato l'armata cristiana che scofisse a Lepanto i turchi, Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII, Paolo V, Urbano VIII, Innocenzo X, Beato Innocenzo XI, Innocenzo XII, Clemente XI, Benedetto XIII, Clemente XIV, Pio VI, per il riscatto del quale tutto il tesoro della basilica viterbese fu consegnato a Napoleone, Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII.
LA CHIESA E IL CONVENTO
Un'ampia scalinata ci conduce in chiesa; a fianco si erge il campanile. L'insieme si presenta con una maestosità che lascia impressionati. Alla grandiosità del complesso fa riscontro la semplicità delle linee architettoniche, fuse in una armonia che testimonia il periodo di costruzione, il primo Rinascimento, e l'impronta di un grande artista quale autore del progetto. Infatti tutto il Complesso Architettonico, Chiesa e Convento, è quasi certo che siano stati progettati da Giuliano da Sangallo (1470). Del progetto iniziale ci rimangono copie dei disegni eseguiti dal nipote Antonio da Sangallo il Giovane, uno realizzato a mano libera ed uno, il successivo sviluppo, fatto con riga e squadra, che sono conservati presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. In linea di massima esso fu eseguito fedelmente e solo nel 1555 venne modificato da Nanni di Baccio Bigio, appartenente alla sangalliana", "setta cioè ai seguaci della dinastia dei Sangallo (Giuliano, Antonio senior ed Antoniojunior) che ridusse il disegno del convento e principalmente del chiostro grande, che poi venne detto del Vignola, forse perché questo grande maestro aveva assunto la direzione dell'azienda che i Sangallo avevano messo in piedi dopo la morte di Antonio junior In seguito, grazie all'apporto di numerosi grandi artisti, la chiesa si arricchì di tante opere d'arte che fanno di essa sicuramente la più bella espressione dell'interno.
L'interno è a tre navate. Misura in lunghezza 90 metri, in larghezza 24 metri ed il soffitto a cassettoni della navata centrale è alto da terra 19 metri. Negli anni 1973-1973, sono stati fatti dei restauri che hanno interessato principalmente le navate laterali ed il coro, che erano stati deturpati dai restauri ottocenteschi. Si è cercato di riportare tutto il complesso all'originale disegno di Giuliano, salvo il presbiterio. Nella sua semplicità il disegno è incantevole e lo sguardo scivola su capitelli, sguinci, rilievi e si soddisfa.Una pace interiore sembra avvolgere il visitatore, che è portato a fermarsi e a meditare. L'interno ricorda molto quello della Basilica di S. Lorenzo e della Chiesa di S.Spirito a Firenze, opere del Brunelleschi, di cui Giuliano da Sangallo fu il più fedele prosecutore delle indicazioni architettoniche. Le tre navate sono divise da otto colonne monolitiche ornate da bellissimi capitelli, opera di Domenico di Giacomo da Firenzuola (1499). arte rinascimentale nell'Alto Lazio.
IL PRESBITERIO
In fondo alla navata centrale, al centro del presbiterio, troneggia il capolavoro di Andrea Bregno (1490). Tutto in marmo bianco di Carrara , il tempietto racchiude la tegola miracolosa, posta ancora sullalbero antico. Nei vari pannelli si possono ammirare un presepe, le statue di San Pietro e di San Giovanni Battista a sinistra, quelle di San Paolo e di San Lorenzo a destra. Intorno al tempietto vi sono degli affreschi opera di Michele Tosini, detto il Ghirlandaio perché nepote e discepolo del più famoso Rodolfo Ghirlandaio, eseguiti nel 1570. Nelle pareti laterali, sulla sinistra San Domenico che tiene tra le mani un giglio e San Pietro Martire che regge una palma; sulla destra San Tommaso dAquino e San Vincenzo Ferreri. Sulla facciata posteriore è dipinta la scena del miracolo del cavaliere che la Madonna rese invisibile agli occhi dei nemici. Fra i pilastrini sono dipinti Sant'Antonino, arcivescovo di Firenze e Santa Caterina da Siena. Allinterno, sopra il tronco della quercia che l'ospitò la prima volta, ed alla quale, tolta, sempre ritornò, riposa da più di 500 anni la Tegola dipinta da mastro Monetto, racchiusa in una cornice d'argento massiccio, dono del Cardinale Alessandro Montalto (1604). La pittura è una tipica Madonna del XV sec. La Vergine ricorda, in alcuni particolari, le immagini bizantine. Gesù bambino si volge a Lei, tenendo tra le mani una rondinella. Tutto il quadro sembra voler esprimere questo concetto: Gesù che chiede alla Madre "Che vuoi che faccia?" e la Vergine, con uno sguardo che non si dimentica, indica al Figlio il fedele in preghiera. E uno sguardo che penetra, che scende nell'anima, che indaga, che assolve, che consola, che calma, che rassicura, che incoraggia.
Il tempietto con
l'immagine della
Madonna della Quercia
Il fedele si alza, dopo aver pregato, sicuro che la Madonna non lo abbandonerà e gli occhi della Vergine gli rimarranno per sempre nella memoria. Si racconta che mastro Monetto, mentre faceva il quadro della Madonna, arrivato al volto di Maria, si addormentasse. Mentre era assopito sognò che degli angeli avevano eseguito il viso della Vergine. Svegliatosi infatti lo trovò già completato. Non gli rimasero da fare perciò che i veli e le rifiniture. Forse una leggenda, che però dice come, a tutti, questi occhi lascino un profondo ricordo. Sul frontone centrale un affresco del 1866, opera del Gavardini, in cui è raffigurata l'incoronazione di Maria. Opera del Prosperi sono invece gli affreschi della cupola (1867), che architettonicamente richiama molto i motivi di quella che il Brunelleschi fece a S. Maria del Fiore in Firenze. E da dire che tutto il Presbiterio fu modificato dai restauri eseguiti nel 1861-1880 e che inconsapevolmente deturparono il progetto onginale. Furono abbattuti infatti le due pareti, che dividevano il presbiterio dalle cappelle laterali e sulle quali pareti Maestro Giovanni de Vecchi dal Borgo di San Sepolcro, nel 1567, aveva dipinto dei bellissimi affreschi, che purtroppo andarono distrutti.
IL CHIOSTRO DELLA CISTERNA
Usciti dalla Sacrestia, attraversando a sinistra un bel portale, scolpito da Domenico di Giacomo da Firenzuola e da Bernardino da Viterbo (1502), si entra nel chiostro. A due ordini, quello in basso riecheggia lo stile gotico viterbese, quello in alto è rinascimentale puro. Questo chiostro è detto, senza nessun fondamento, del Bramante.
Un'immagine del chiostro
Il visitatore, appena entrato, si sente invaso da una pace interiore impressionante. Solo un grande artista avrebbe potuto realizzare ciò: Giuliano da Sangallo, quasi certamente lautore del progetto, ha compiuto infatti un capolavoro.Alla sua costruzione lavorarono numerosi e valenti maestri tra i quali Maestro Bartolino da Como, Giacomo di Sermona, Giacomo di Rempiccia e Maestro Danese da Viterbo, allautorità del quale si deve se la parte inferiore (1481) riecheggia il chiostro di S. Maria in Gradi a Viterbo. La parte superiore fu realizzata nel 1511-1513. Attraverso tre archi ribassati si accede allinterno del chiostro. Al centro è una cisterna, opera di Bruno di Domenico di Desiderio da Settignano e Maestro Capo Corso. scalpellino (1508).
Sopra larchitrave è scritto: "Qui bibit ex aqua hac sitiet iterum" cioè: "Chi beve questa acqua avrà sete di nuovo ", con chiaro riferimento alle parole che di Gesù disse alla Samaritana. Negli ambulacri inferiori sono affrescati numerosi miracoli, fatti dipingere dai frati, nel timore che andassero distrutte le tavolette votive presenti in chiesa. Gli affreschi sono del XVII secolo. Vi lavorarono sicuramente: Pompeo Carosi (1602), Camillo Donati (1603-1604), Ludovico Nucci (1607).
Prof. Gianfranco Ciprini
www.madonnadellaquercia.it
La croce, giá segno dei piú terribili dei supplizi, é per il cristiano l'albero della vita, il trono, l'altare della nuova alleanza. Cristo, il nuovo Adamo, addormentato sulla croce Gesú é scaturito con il mirabile sacramento di tutta la chiesa. La croce é il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono stati configurati a Lui nella morte e nella gloria. Per mezzo della croce sono state cacciate le tenebre ed é ritornata la luce e per la quale é la via di ritornare al nostro stato originale. Se infatti non ci fosse la croce non ci sarebbe nemmeno Gesú Cristo crocifisso per i nostri peccati.
Messaggio di S. E. Mons. Lino Fumagalli, Vescovo di Viterbo, al Santo Padre Francesco
Beatissimo Padre, nel momento in cui Ella, come Vescovo di Roma, inizia il Suo supremo Ministero di Successore dellApostolo Pietro e di Pastore universale della Chiesa, la Diocesi di Viterbo si unisce alla gioia profonda di tutta la Comunità ecclesiale, che accoglie il dono grande di un Pontefice che ha ricevuto dal Signore il compito di confermare i fratelli nella fede.
II primo impatto che ho avuto con i santi era dovuto ai miracoli che facevano e così mi sono convinto che la santità non era fatta per me e che mi conveniva sedermi in platea e a rassegnarmi al ruolo di spettatore. Più tardi ho capito che per essere santi basta fare il proprio dovere nei riguardi di Dio che è il superiore ed in quello del prossimo che è fratello. È Dio che ha progettato un meraviglioso mosaico, la cui realizzazione, già in corso dall'inizio dei tempi, terminerà alla fine dei secoli, quando, risuscitati, ci renderemo conto del posto a noi riservato.
Risorgeremo,
pertanto, come Maria. Saremo assunti, come lei, in anima e corpo al cielo, con
un titolo assai simile al suo .La differenza che avvertiamo per primRisorgeremo,
pertanto, come Maria. a è quella
rappresentata dall elemento tempo: lei dopo la sua santa Risorgeremo,
pertanto, come Maria morte, noi nellultimo giorno.
Ma può ritenersi una differenza essenziale, questa, se il tempo, come insegnano
i ?loso?, non rientra nel costitutivo
speci?co delle cose? A rigore di
termini, risuscitare al primo istante dopo la morte, o dopo miliardi di
millenni e sostanzialmente identico, perché il tempo è solo misura del moto,
ideata dagli uomini, incapaci di pensare al di fuori delle categorie di spazio
e di tempo.
" Dopo il nome di Gesú, non ci é altro nome che sia tanto poderoso per assisterci nelle nostre necessitá come il Santo Nome di Maria. " Il nome di Maria é ammirabile e succede à volte di qualcuno ottenere la salvezza o le nostre necessitá piú per l'invocazione di Maria di che il nome di Gesú. Quale é la causa di questo ? Sará che Maria é maggiore e piú poderosa del suo Figlio Divino ? NO, perché Lui non ha ricevuto da Maria la grandeza e il suo potere, al contrario, é stata Maria che ha ricevuto da Gesú questa grande gloria. Il motivo é che il Figlio di Dio , essendo il Signore Giudice, deve trata ogni uno conforme di accordo con i suoi meriti e secondo le regole della giustizia.
Vorremmo poter dire che la Madonna è nata in quel dato giorno, in quellora precisa, in quel luogo della Palestina, magari dove la troviamo al momento dellannunzio angelico, per dare contorni seriamente riscontrabili alla sua esistenza storica. Invece dobbiamo accontentarci di congetture. Del resto, con il Suo Figlio Gesù non siamo in condizioni analoghe? Gli esegeti, per fare un caso, sanno che la cronologia cristologica è quanto mai fluida. Così per ogni particolare della sua vita nella Palestina romana: disponiamo solo di una documentazione attendi¬bile: non ci è lecito di spingerci più in là.
SOLENIDADE DE SANTA MARIA, MÃE DE DEUS 01 JANEIRO 2015 UMA REFLEXÃO
Neste dia, a liturgia nos coloca diante das evocações diversas, ainda que todas importantes. Celebra-se, em primeiro lugar, a solenidade de Santa Maria, Mãe de Deus e somos convidados a contemplar a figura de Maria, aquela mulher que no seu "sim" ao projeto de Deus nos ofereceu Jesus, o nosso libertador. Celebra-se em segundo lugar o Dia Mundial Paz: em 1968 o Papa Paolo VI propós aos homens de boa vontade que, nesse dia, se rezasse pela paz no mundo. Celebra-se finalmente o primeiro dia do ano civil: é o inicio da caminhada percorrida de mãos dadas com esse Deus que nos ama e que em cada dia nos cumula de bençãos e nos oferece a vida na plenitude.
Mary Magdalene, turned towards Him and, speaking in Hebrew, said to Him Rabbuni which means Teacher (Gv 20,16). It is important to underline that the woman, until now, had spoken with the unknown grave guardian, turning Him her shoulders. She was not interested in Him, she was attracted by that grave, deprived by her beloved Teachers corpse. Called by her name, she suddenly changed her look and she was immediately face to face with the man she was so heartbrokenly looking for : He was really Jesus.
Una actitud que nos ayuda a superar los límites y las debilidades de nuestra vida es la humildad. ¿Qué es la humildad? Dice el Padre Kentenich, fundador del Movimiento de Schoenstatt: Humildad es la virtud moral por la cual el hombre se experimenta totalmente débil, cuando está separado de Dios, y totalmente fuerte cuando está sumergido en Dios.
16 domenica tempo ordinario 19 LUGLIO 2015 UNA RIFLESSIONE
La liturgia di questa domenica del tempo ordinario ci dá conta dell'amore e della sollecitudine di Dio per "le pecore smarrite senza pastore". Questo amore e questa sollecitudine si traducano naturalmente in un offerta di vita nova e piena che Dio concede a tutti gli uomini.
Il grande Santo Luigi Maria Grignon di Montfort, nel suo libro " Il trattato della vera devozione a Maria Santissima" ci parla della preghiera " Ave Maria " e su questa preghiera il valore del Rosario. Il santo parla della importanza di questa preghiera mariana nella vita dei consacrati alla Vergine Maria e nella vita di tutti i fedeli. Questo santo ci dice che pochi cristiani conoscono il valore , il merito, l'eccellenza e necessitá di questa preghiera.