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Ormai siamo a contatto con tutte

Se in Italia si sta affermando la presenza di tante religioni diverse dalla nostra, è facile che si arrivi ad avere contatto con le medesime: sia a livello ufficiale di partecipazione al loro culto, sia personale, attraverso colloqui nel posto di lavoro, sui treni, in piazza e nei mille modi di aggregazione favoriti dalla civiltà odierna.

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A questo proposito, è noto che l'autorità ecclesiastica, specialmente dopo l'affermarsi del protestantesimo, aveva diffidato i fedeli sia dal prendere contatto con esso, che con altre religioni, in materia di culto. Per quanto possibile, anche da contatti interpersonali. Fino a meno di un secolo fa la cosa era andata avanti così. Significativo il divieto della lettura di libri messi all’indice... Oggi è già tutta storia passata. I contatti si sono infittiti, soprattutto a causa dei mezzi di telecomunicazione, per cui ciascuno è in grado di mettersi in relazione diretta con chiunque (radio, televisione, giornali): Ecco, dunque, uno dei problemi più urgenti per il cattolico di oggi: mettersi, al più presto possibile, nella condizione di tale maturità di fede, da poter fronteggiare ogni rischio da contatto, e anzi prendere l'iniziativa d'invitare anche altri a riconoscere in Cristo l'unico Salvatore.


Questa maturità deve determinarsi su due piani: quello di un rafforzamento della propria fede e quello di dedicarsi generosamente a comunicare ad altri la propria esperienza di Cristo.
Il primo è anzitutto dono di Dio, ma anche risultato di un'adesione cosciente alla sua azione.

Lo vediamo in questa scansione:


Raggiungere attraverso letture, ascolto di conferenze adatte, una consapevolezza di fede più ampia e profonda possibile. È stato molto amaro, sentire, anni indietro, preti e fedeli  impegnati manifestare dure riserve nei confronti di chi proponeva una maggior presa di coscienza della propria fede. Che forse ( si obiettava) si vuole promuovere Un cristianesimo accademico?  Non basta una fede semplice? Uscita lacrimevole, perché non ci si rendeva conto che il cristianesimo ha un solo futuro: Quello di una fede cosciente, sostenuta da preghiera, liturgia ed eucaristia, per reggere agli assalti di altre religioni, già attive nella nostra Penisola.


 Prendere coscienza della propria fede vuol dire rendersi conto di ciò che si crede, su Dio, Gesù, la chiesa, la condotta personale. Rendersene conto nella maniera più chiara e profonda possibile, valorizzando i molti mezzi di cui dispone oggi ogni parrocchia, ogni diocesi, ogni gruppo ecclesiale. In questo modo, la propria fede, come adesione sincera a Cristo, può andare incontro e superare a tentazioni varie, e maturarsi sempre di più.


Il secondo piano, quello in cui la pienezza di grazia e di luce (il plèroma dei primi cristiani) spinge chi lo ha raggiunto a comunicare ad altri quanto ha ricevuto dall'alto. Si ratta di una spinta intima, che diventa tormento: tormento dolcissimo, ma che non dà pace, finché il dono non venga trasmesso ad altri. Si cita il detto di Paolo apostolo: " L'amore di Cristo ci sospinge" (2 Cor 5, 14) o il simbolismo delicato del latte nel seno di una madre, che se non viene offerto, crea tormento..
Non si tratta più di propaganda, come veniva chiamata in altri tempi, né di impegni per salvare gli altri dall'inferno (all'inferno ci può andare anche un cristiano...) ma di rivelare al mondo e, quindi, ad ogni uomo di buona volontà, che "Gesù Cristo è il Signore", il Salvatore vero ed unico dell'umanità (cf  Fil. 2, 11).

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