L'era che stiamo vivendo
È una definizione piuttosto presuntuosa dell' era che stiamo vivendo. Chi la usa, presumibilmente è distratto, o non ricorda che questo tipo di civiltà, corrisponde esattamente a quella delle prime dinastie faraoniche, cioè di 4/5 mila anni fa, caratterizzata dall'uso dell'ideogramma o trasmissione delle idee attraverso le immagini.
Dall'ideogramma sono nati il fumetto, il film, lo sceneggiato, i palinsesti televisivi, di cui ci si pasce dalla mattina alla sera. Attraverso l'immagine il pensiero dell'operatore raggiunge quasi immediatamente l'intelletto dell'interlocutore, senza dargli tempo di riflettere quanto ci sia di vero e quanto di arbitrario, in quello che gli sta proponendo, senza concedergli spazio a rendersi conto se non ci siano altri modi di valutare quei fatti, se tutto questo non nasconda interessi ideologici, politici, economici da tutelare. Niente: tutto è già bello e pensato, e valutato da altri. Resta solo da ingurgitare, gratuitamente. Già, gratuitamente. Un osservatore americano ha detto con ragione: Davanti ad ogni informazione, chiediti: Chi ha avuto interesse a mandarla in onda?
Con meno di tre quarti di secolo, abbiamo perduto quasi del tutto la capacità di avere un'idea personale dagli alimenti (aviaria, mucca pazza), ai medicinali, alle vicende giudiziarie, elezioni politiche, personaggi dello spettacolo e della religione. Se uno si permette riserve, passa per frustrato o per disfattista.
Nel campo della fede, Evangelizzazione e catechesi hanno validi interessi a servirsi dei mezzi radiotelevisivi . In tutti i casi, bisognerebbe tener presenti questi dati di fatto:
- Che l'immagine, lo spettacolo, sono di loro natura superficiali;
- Che il contatto fra operatore e pubblico, non essendo diretto, è sempre generico;
- Che l'unico risultato potrebbe essere quello d'invogliare lo spettatore ad approfondire quanto gli si propone, attraverso uno studio accurato dell'argomento;
- Che l'operatore, insomma chi si presenta, o parla in TV o in un film comune, non potendo controllare l'effetto sullo spettatore, non è in grado di proporzionare quello che dice, alle vere esigenze di chi vede e ascolta.
Riassumendo: Tutto il bene che la fede cristiana può attendersi dalla cultura dell' immagine è solo quello di avviare una ricerca personale, da portare avanti con serietà avvalendosi di una guida e un metodo adatti all'argomento da approfondire..
È già molto. Ma ancora non si sa a che punto stiamo, proprio su questo settore. Anzi si dà l'impressione di volersi servire dei mass media, per dispensarsi da un impegno di apostolato di contatto, più faticoso, ma infinitamente più profondo e stabile.