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Gesù ne ha sempre
fatto distinzione

Un preambolo indispensabile: la priorità della Vita eterna sulla Risurrezione della carne. In talune formule liturgiche che sentiamo nella Messa, ad esempio dopo la consacrazione, si afferma che i nostri defunti "si sono addormentati nella speranza della risurrezione". Ora si sa che i nostri cari, al momento della morte, si sono aggrappati alla promessa di Cristo, rassicurante che la vita non finisce con la morte, ma continua per tutta l'eternità. Che il loro, il nostro corpo, risusciterà, un giorno lontano, ci consola, ma se non perdurassimo noi stessi nella vita, si ridurrebbe a pura fantasia.

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Il Divino Maestro, il quale ha sempre distinto chiaramente le due cose vita eterna e risurrezione della carne, posponendo sempre questa seconda alla prima. Sentite dal vangelo di Giovanni.

Per la vita eterna:
Con Nicodemo afferma che "chiunque crede in lui abbia la vita eterna (3,15). E ancora più chiaramente: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (ivi, 16).

Per la vita eterna e la risurrezione (anteponendo, sempre la prima, come fondamentale): "Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno" (6,39). E con chiarezza assoluta: "Questa è infatti la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (ivi 40).

Per quale motivo, dunque, nel pensiero cristiano questi elementi, si sono capovolti concedendo priorità alla risurrezione della carne? Ecco: perché la prima generazione cristiana, cioè la Chiesa giudeo - cristiana, attribuendo senso letterale ad alcune espressioni di Cristo, pronunciate in chiave apocalittica tardo giudaica, aveva pensato che egli, dopo salito al cielo, sarebbe tornato presto fra noi, probabilmente durante quella stessa generazione. Così i due concetti di vita eterna e risurrezione si fusero, in modo tale, che dicendo "Risurrezione della carne" si voleva dire implicitamente vita eterna subito dopo.
E così è rimasto fin qui.
A quanto pare, sul campo della fede, più si è espliciti e meglio è. E' già tanto il tenebrore sacro di essa per i nostri poveri occhi mortali, che ogni sottinteso non evidenziato bene può trarre in errore. Almeno errore incolpevole. Ma non innocuo. Perché ogni imprecisione nei termini rivela imprecisione nei concetti e questa, a sua volta rende più incerta l'adesione sia alla fede che all'amore e al servizio (così ben catalogati dal catechismo di Pio X°).

Per memorizzare il tutto con una certa facilità, diciamo così: Gesù ha promesso esplicitamente vita eterna e risurrezione della carne. La prima, di carattere essenziale, è per una vita di grazia che si trasforma in vita di gloria.. La seconda è consequenziale e riguarda il corpo. Per noi credenti è consolante anche questa seconda. Ma infinitamente di più la prima che annulla il timore che  con la morte arrivi il nostro annientamento. Gesù lo dichiarò in modo perentorio: “Chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno". (Gv 11. 25-26).

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