BEATO IL GREMBO CHE TI HA PORTATO
( Lc 11,27)
Venendo, ora, a Luca, troviamo il suo racconto caratterizzato da una tale densità di contenuti, che vale la pena di suddividerlo in due brevissime sezioni: quella dove viene riferita lespressione enfatica della donna e laltra, dove il divino maestro le risponde.
Nella prima, si avverte lincisività della terminologia femminile, che neppure in Elisabetta aveva raggiunto un grado simile. L,anziana parente, molti anni prima, aveva esclamato ad Ain Karin, allindirizzo della giovane, giunta dalla Galilea: Benedetta tu, fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo ( Lc 1, 42). Si era limitata, come si vede, a dichiararla termine ?sso di una benedizione assolutamente superiore, ggiungendovi, come motivazione implicita, che era benedetto anche il ?glio da lei portato in grembo, e dal quale, anzi, le derivava quella benedizione straordinaria. La donna della Galilea lascia da parte ogni supremazia della madre di quel giovane profeta su ogni altra donna e ?ssa lo sguardo, con un verismo tipicamente semitico, sulle note caratterizzanti la femminilità: grembo e seno. Per?no la collocazione logica è rispettata: dal grembo che partorisce giunge al seno che allatta! E grida: Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il lattel (Lc l 1, 27).
Sintomatico che questa donna, vedendo Gesù, pensi a Maria. Del rabbi di Nazaret aveva ascoltato le parole di vita, attraverso le quali sicuramente aveva colto quel poco che le permetteva la sua sensibilità religiosa. Ma se è vero che la Madonna sente con gli occhi, quelle parole del giovane profeta le aveva trovate dincomparabile bellezza, anzitutto per la sobrietà virile con la quale le aveva pronunziate, e poi per la prestanza della sua personalità, la sicurezza nel porgere e la potenza evocativa del discorso.La mente le era andata di scatto alla madre che lo aveva messo al mondo (lei, da popolana esperta, aveva detto grembo che lo aveva portato, dando più risalto alla gestazione di nove mesi che allevento parto, ai suoi tempi privo delle tinte drammatiche di oggi). Perciò col nominare il grembo aveva voluto esprimere la virtù generativa di quella madre, a suo avviso incomparabile e fortunata, perché aveva dato alla luce un personaggio così meraviglioso.
Sapeva che una madre, in quel periodo che chiamiamo interessante, non porta in sé solo un futuro rampollo della propria stirpe, ma un cittadino del mondo, il quale pertanto è interessato a vederlo apparire sullo scenario della propria storia. Intuiva, almeno sulla linea dellistinto (e non poteva non essere una madre, se si esprimeva in maniera cosi toccante), cosa accade quando si porta in grembo un figlio, come è che dal sangue materno passano alla creatura le disposizioni psicologiche più personali, ricavandone, essa stessa, la madre, tumulti ineffabili dai quali verranno trasformate, grado per grado, la sua vita e la sua personalità. Sapeva tutto questo, partendo non da nozioni ginecologiche, ma da quelle esperienziali, dato che la donna ebrea dellepoca, se considerava la sterilità una vergogna tra gli uomini(cf Lc 1,25), conosceva particolari e pregi del suo contrario.
padre bernardino bordo- passionisra
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