Di cosa parlava
Gesù a mensa?
- II^ parte -
L'episodio deve essere accaduto a Cafarnao, centro dell'amministrazione romana dell'Alta Galilea. E i dottori della Legge si sarebbero guardati bene non solo dal prendere pasti con quella canaglia (giudicavano traditori gli appaltatori ebrei del fisco romano), ma perfino di mettere piedi e in una loro casa. Sarebbero incorsi in una grave forma d'impurità legale, da non poter più presentarsi al tempio, non si saper quanto tempo.
E Lui, il falso profeta di Nazareth", tranquillo, mangiava e beveva con loro! Non ebbero il coraggio di spararlo direttamente contro di lui e abbordarono i discepoli.

Gesù ritratto a mensa
Questo elemento del racconto raramente viene sottolineato; eppure è indispensabile per ricostruire la dinamica della lezione. Pensate che ne fecero un rimprovero i primi cristiani a Pietro: «Sei entrato in casa di uomini incirconcisi e hai mangiato con loro» (At 11,3).
Entrare in una casa significava prendere contatto; mangiare insieme, equivaleva a stabilire una qualche comunione con i presenti. Cose assolutamente vietate con pagani e peccatori.
Quando, dunque, i discepoli riferirono al Maestro l'osservazione contenziosa dei farisei, Egli non solo non ritenne necessario giustificarsi, ma mise in chiaro un altro punto ancora più oscuro per essi: che non avevano bisogno del medico i sani, bensì i malati.
Verosimilmente si trattava di un proverbio. Ma intanto gli serviva per rivelare che oggetto delle Sue premure erano proprio loro, quei malati, quei peccatori, che essi, dottori della Torah ritenevano solo dei miserabili traditori del loro popolo. Avrebbero dovuto farlo loro, da secoli, invece di ostracizzarli e maledirli. Così li richiamavano al gregge di Yahvè?...
Ma vi aggiunse dell'altro: che prima del culto al tempio di Gerusalemme, a Lui interessava l'amore dei fratelli, senza del quale il culto si sarebbe ridotto ad una farsa.
Perciò la sferzata felpata, ma sempre sferzata: che lui non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori: quel tipo di giusti che essi si ritenevano di essere, unicamente perché si attenevano alle formule giuridiche della Legge di Mosé, tradendone le finalità più vere. Quel tipo di giusti anche se chiamati a squarcia gola, non sarebbero mai venuti, perché non erano interessati ad ascoltare la voce di Dio e della coscienza, ma quella dell'orgoglio e del dominio incontrastato della vita religiosa del popolo.
Un giorno avrebbe scolpito per la storia quel tipo di giusto, nella parabola del fariseo e del pubblicano. Ma forse la famosa parabola fu proposta in ambiente diverso da un convito. In quello tenuto nella casa di Matteo mancava la presenza diretta degli interessati, restati a giusta distanza di quella porta contaminante...
Coloro che lo ascoltarono a quel convito non poterono non sentirsi gratificati di una preferenza mai mostrata loro da alcun altro. Così compresero meglio che non si poteva restare indifferenti al messaggio di un profeta tanto umano e comprensivo della loro condizione socio - religiosa.
Matteo s'intese confermare nell'adesione personale alla chiamata, udita al banco delle imposte romane di Cafarnao. Non si andrebbe molto lontani dal vero, se si supponesse che anche qualche altro suo collega, se pure non entrò a far arte del primo gruppo, cioè degli apostoli, come lui, e neanche del secondo, cioè dei discepoli, potrebbe aver ingrossato le file dei simpatizzanti che, in un modo e in un altro, si sarebbero interessati alla sua opera.
Padre Bernardino Bordo, passionista
Viedellospirito.it