La preghiera comunitaria
2. La giusta reimpostazione della preghiera post conciliare ha rivitalizzato questa forma che si riporta non solo alle parole dello stesso divino Maestro «Là dove sono due o tre radunati nel mio Nome...» ( Mt 18,20), ma anche alla prassi della Chiesa nascente.
3. Potremmo condensare qui i suoi alti pregi attraverso queste linee prospettiche:
- la preghiera diventa, in questo modo, coro possente che,
diciamo così, penetra più facilmente fino al trono di Dio;
- coinvolge in misura più efficace fratelli e sorelle,
uniti in quel momento di fede, edifica chi
ascolta al di fuori del coro orante.
4. È più esigente di quella personale, nella sua messa in atto. In effetti: richiede una educazione alla preghiera, che non degeneri in confusione distrattiva, va curata la retta pronunzia delle formule, per non creare fastidio ai vicini, lo stesso comportamento personale va curato, in modo da non distrarre con gesti, movimenti e altro che non rientri nel vero spirito religioso.
5. La preghiera comune non deve essere prolissa, per non causare noia. Ciò che è veramente autentico non ha bisogno di allungare nel tempo.
6. Non c'è dubbio che nel post concilio, per il lodevole desiderio di riportare la preghiera comune al posto che le spetta, si è esagerato, ai danni di quella personale. Difatti: non "si fa chiesa " solo con la preghiera comunitaria, ma anche con quella personale, come si è precisato a suo luogo.
7. Gesù raramente lo troviamo in preghiera quando va in sinagoga, al tempio e ancora meno con gli apostoli, mentre innumerevoli volte il Vangelo lo ritrae che si ritira solo a pregare, sulle colline della Galilea, al Gethsemani, e perfino sulla Croce.
"Nostra gloria è la Croce"