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Dubbi sulla fede?
Buon segno!

Una volta era assai raro imbattersi in persone che soffrissero di dubbi sulla fede! Se qualcuno ne faceva una prima esperienza, si riteneva sulla via della perdizione, come chi sta per rinnegare Dio. Forse anche per questo, San Paolo della Croce era di opinione che i dubbi su questa materia non rappresentassero alcun pericolo per anime bene incamminate sulla via della perfezione. Ai suoi tempi chi ne aveva? Solo un frammassone, un illuminista o un libero pensatore. Ma lui, di questa gente non ne incontrava affatto, sui suoi passi...

Un'immagine di San Paolo della Croce

Oggi, al contrario, con professionisti qualificati da diplomi e lauree a profusione, con donne all'apparenza dimesse ed invece onorate da mansioni di alto prestigio - professoresse, impiegate nei vari ministeri, a capo di personale medico e paramedico di chissà dove - sentirsi confidare forti dubbi sulla storia della Chiesa medioevale e moderna, sulla storicità dei Vangeli e ancora di più su quella della Bibbia ebraica è una delle esperienze più comuni per un sacerdote, specialmente per un missionario a contatto continuo con il pubblico.

Dunque, i dubbi sulla fede, o su problemi che riguardano la sua attuazione pratica sono un'esperienza assai frequente, al giorno d'oggi.


E con tutto ciò queste perplessità rappresentano un dato positivo in un credente: segno che s'interessa sinceramente ai problemi che vi si riconnettono.

Chi è convinto che non sia vero nulla di quanto insegna la Chiesa, non ha più dubbi: è sicuro che tutto sia un castello campato per aria.



Invece chi crede si trova sempre esposto ad incertezze, perché la fede non è la conclusione di un sillogismo aristotelico, o un dato di fatto riscontrabile su base scientifica.

Per quanto uno cerchi di convincersi, mettiamo, che Gesù sia vero uomo e vero Dio, la sua mente non troverà mai motivi che lo costringano ad ammetterlo.

Dovrà sempre, dietro lo stimolo e il sostegno della grazia divina, dire a se stesso: Anche se la mia mente non riesce a rendersene perfetto conto, io credo, io voglio crederlo! Vi deve intervenire, come si vede, un atto di volontà, sorretto da quello che noi chiamiamo il dono della fede.

Che Napoleone non sia nipote di Giulio Cesare può negarlo solo un macroscopico ignorante di storia. Che Gesù di Nazareth sia davvero Figlio di Dio, non è un' affer¬mazione dimostrabile attraverso la scienza umana, ma può essere accettato e creduto solo riflettendo seriamente sul Vangelo, sotto una luce particolare che investa non solo il suo intelletto, ma anche la sua volontà.

Sintomatica, a proposito dell'atto di fede, la presenza di una reminiscenza rabbinica in uno scritto dell'apostolo Paolo ai primi cristiani di Roma. Evitando il binomio neoplatonico d'intelletto e volontà, parla dell'atto di fede come proveniente dal cuore, e scrive:

«Con il cuore, difatti, si crede, per ottenere la giustizia e
con la bocca si fa la professione di fede, per avere la salvezza»
(Rm 10, 10)


Un ebreo dei suoi tempi ancora stentava a convincersi che si pensa con la mente... Ma Paolo intendeva alludere a tutto l'uomo: spirito e materia.
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