
Bonaventura e
Francesco
San Bonaventura da Bagnoregio
Era necessario che l'Ordine tornasse immediatamente allo spirito di Francesco, suo modello incontrastato, ripristinando lo spirito di orazione, tornando alla povertà ed alla austerità e soprattutto selezionando i candidati. dati. Tutto questo zelo si giustificava con la sua devozione a Francesco.
Nel 1259 salì alla Verna imitando il padre Francesco considerando il luogo come "quieto rifugio ove cercare la pace dello spirito". Quella ascesa fu provvidenziale perché aiutò Bonaventura a capire meglio Francesco ed a capire quale doveva essere il cammino della creatura per raggiungere la sapienza cristiana.
È sulla Verna che intuì il significato del Serafino alato in forma di crocifisso visto da Francesco. In tale visione gli veniva offerta l'estasi contemplativa del Padre e la via che ad essa conduce fu così che venne concepito e realizzato "L'Itinerarium mentis in Deum".
Così, come sulla Verna, "nella polvere della carne" di Francesco furono tracciati i segni della sapienza cristiana, così sullo stesso monte Bonaventura si aprì alla sapienza cristiana attraverso il desiderio e l'elevazione delle cose terrene.
La vita eroica e le stigmate di Francesco furono per Bonaventura l'argomento trascinante che lo condussero a riprodurre sul piano speculativo ciò che Francesco aveva vissuto sul piano ascetico. Nell'Itinerarium infatti si incontrano il francescano e I'uomo-dì cultura, l'esperienza intima e la speculazione, la pietà e la scienza, la devozione e l'investigazione.
Quando Bonaventura ripercorse i luoghi di Francesco, non vi andò per puro studio, ma a mò di pellegrinaggio alla ricerca della ispirazione del maestro.
È per questo che la Leggenda Maior, o vita di Francesco non è scritta da un freddo impiegato ma da un cuore profondamente innamorato. Tuttavia per Bonaventura il vero modello da imitare è Cristo e Francesco è solo un aiuto per raggiungere lo scopo.
In moltissime opere di Bonaventura è presente Francesco, ma quella principale è la Legenda Maior: "la vita di Francesco" perché è li che la figura del Serafico vista da Bonaventura emerge al massimo. B non ha conosciuto Francesco, ma attraverso le testimonianze ancora fresche e la regola si è fatto un concetto altissimo di Lui.
Francesco, con la vita e la missione si immerse in Dio senza troppa speculazione divenendo esempio vivente di Cristo e maestro insuperabile nel cercare le tracce di Dio nelle sue creature. Il Poverello, secondo il Dottore, si può paragonare ad una meteora che più si avvicina al sole e più si purifica finché assorbita dall'astro celeste, diviene con lui una sola cosa. Infatti le stigmate sono la dimostrazione dell' avvenuta amalgamazione Dio/Francesco. E per questo che il Poverello è descritto dal Dottore con una infinità di titoli perché è tanta la sua ammirazione da considerarlo un diamante dalle infinite sfaccettature: Uomo, uomo di Dio, servo, padre, povero, araldo, soldato di Cristo, pastore, duce, amico di Cristo, amico dello sposo, amico dell'Altissimo, amico dell'apostolica povertà, esemplare, negoziatore, professore, specchio, architetto, medico, confessore, stella.
Per illustrare meglio la personalità di Francesco, Bonaventura si serve della tipologia biblica. Mosè salì sul Sinai dove, dopo 40 giorni, ricevette le tavole della legge, poi le infranse e le riebbe di nuovo.
Francesco dopo un ritiro di 40 giorni, sul monte de La Verna, stese la regola, la smarrì e la stese di nuovo identica alla prima. Come Eliseo, Bonaventura attribuisce a Francesco la frase "Carro e guida" pronunciata dal profeta, guardando Elia che scompariva su di un carro di fuoco.
Francesco viene paragonato ad Enoch per le sue capacità profetiche e a Giobbe per la sua pazienza. Viene anche collocato tra David "il pastore" e Pietro "il pescatore" con la qualifica di "mercante" Francesco, mentre andava verso la Puglia, durante una visione esclamò come Paolo:
(At 9,6)
San Francesco da Assisi
Per quanto riguarda le similitudini di Francesco con Cristo basterà ricordare il digiuno di Gesù nel deserto e quello di Francesco, la salita sul Tabor e quella sulla Verna.
Viene paragonato al Gesù di Emmaus, quando, travestito da viandante, nel giorno di Pasqua chiese l'elemosina ai suoi frati. Per non parlare delle stigmate che resero Francesco perfettamente conforme al suo modello: Cristo.
E poiché la conformità era l'ideale del poverello, Bonaventura la descrive in maniera particolare Il Gesù apparso spregevole come un lebbroso è l'esperienza che Francesco prova nell'incontro con il lebbroso. La spoliazione davanti al vescovo di Assisi è stata l'occasione per iniziare a vivere nudo con il nudo. E quando Francesco scopre la croce, essa diventerà l'ideale Francescano: "crocifisso con il Crocifisso", il tema principale della predicazione, il simbolo della missione e l'arma contro il maligno.
Per arrivare alla piena conformità con Cristo il Dottore indica i tre gradini sperimentati da Francesco. II primo esige la generosità nei confronti dei poveri e dei lebbrosi, la disponibilità ad ascoltare lo Spirito, la sopportazione delle difficoltà, il dominio della carne, il disprezzo del mondo, e poi l'austerità, l'umiltà, l'obbedienza e la povertà.
Il secondo gradino è quello illuminativo sperimentato da Francesco quando si è incontrato con il vangelo e che si perfezionò con la stesura della Regola e con la pratica della pietà, della carità e della preghiera. Il terzo gradino è quello unitivo che porta alla più perfetta comprensione delle Scritture, allo spirito di profezia, ma soprattutto a comprendere con l'amore, ciò che la scienza non era in grado di spiegare. La massima espressione della via unitiva è la stigmatizzazione che quasi non fa distinguere Cristo da Francesco.