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V domenica di
Quaresima

Anno A


Gesù disse a Marta:
"Io sono la risurrezione e la vita"

PENSIERO DELLA DOMENICA
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La Liturgia di questa V domenica di Quaresima è orientata alla prospettiva della risurrezione e ci presenta Cristo vincitore della morte. L’Evangelista è ancora Giovanni che descrive le due sorelle, Marta e Maria, in angoscia per la malattia grave del fratello Lazzaro. Marta e Maria non fanno alcuna richiesta concreta; ma con grande umiltà e fiducia, pur essendo già il fratello gravissimo, espongono soltanto la dolorosa situazione. Ed ecco per l’ennesima volta l’atteggiamento del Cristo che non percorre la via della razionalità e della logica: <Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!". Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro>.


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Betania era vicino a Gerusalemme circa quindici stadi; perciò molti Giudei erano venuti da Marta e da Maria per consolarle; data la relativa vicinanza. Erano inoltre venuti molti Giudei anche dalla stessa Gerusalemme dove la famiglia era ben conosciuta, essendo di notevole rango.

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Il lutto stretto durava sette giorni, dei quali i primi tre erano di pianto (nelle lunghe visite, il silenzio dei visitatori era interrotto da pianti e da lamenti lugubri) e gli altri quattro di lutto. Inoltre durante trenta giorni, quelli che partecipavano al lutto, non si tagliavano i capelli e non si lavavano le vesti.


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Marta, con la praticità del suo carattere, accoglie Gesù così:
“Signore, se tu eri qui, mio fratello non moriva...
ma anche adesso so che quanto
domanderai a Dio, Dio te la concederà...”


E con grande fede chiede ed otterrà il miracolo!

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Ed inizia uno stupendo dialogo tra Gesù e Marta!

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Sembra che il Cristo quasi si disinteressi della perdita dell’amico Lazzaro, ma prima deve persuadere Marta che Lui è risurrezione e vita.

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Al termine del colloquio, Marta farà la sua
mirabile professione di fede:

“Si o Signore, io credo che tu sei il Cristo,
il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”

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Quando sopraggiunge anche la sorella  Maria, si getta ai piedi di Gesù con un gesto di umile devozione e piange.

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A noi sembra che il miracolo della risurrezione di Lazzaro sia una logica conseguenza della grande amicizia, ma i prodigi compiuti dal Cristo, sono  tutti per evidenziare la sua Divinità.

Se riuscissimo ad avere questa sintonia, non esisterebbero dubbi, labili speranze; e invece siamo sempre noi che indichiamo a lui cosa deve fare, per la nostra tranquillità e pace.

Si avvicina la Pasqua!

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Proviamo insieme a rafforzare la nostra fede ripetendo:
Signore, io ho piena fiducia in Te; sono sicurissimo
che fai tutto ed esclusivamente per il mio bene. 
 


Pensaci Tu a risolvere i miei problemi!

Come? In che modo?

Non sono io che debbo darti le indicazioni; so soltanto che mi ami di un amore infinito e tutto farai e disponi per il mio vero bene.


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G r a z i e!
Con Te non temo alcun male!


Don Lucio Luzzi
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Letter to Baby Jesus

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To Baby Jesus
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Heaven

I’m here at the church, just for curiosity, to see you in the crib in a moment when nobody is in.
I need to ask you some questions. I know that during your life you had a lot of troubles and some of yours don’t skimped  criticism, malicious questions and bad opinion about your actions. But why when you do  good you are always insulted? THE HUMAN HISTORY IS ALWAYS THE SAME!


 

WEGE DES GEISTES

Ai tempi di Gesù: la donna israelita

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La donna israelita
ai tempi di Gesù

Schiava del marito


Adesso vogliamo inquadrarla nella sua posizione di fronte al marito. Potremmo tranquillamente dichiararla la schiava di luì. La donna doveva chiamare suo marito rab, padrone e ricordarsi che questa sua sudditanza costituiva per lei un obbligo religioso, annotava Giuseppe Flavio.  La prova più significativa era rappresentata dai due diritti che restavano solo al marito: la poligamia e il divorzio. Scendendo al particolare minuto, la moglie ebrea dei tempi del Salvatore era talmente soggetta al marito, che questi poteva indurla anche ad emettere voti a suo piacimento, purché non richiedessero cose vituperevoli. I figli stessi dovevano più rispetto al padre che alla madre; anzi questa dipendeva da lui né più né meno che loro.