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Il Cristo di Luca è il Profeta e il Messia di tutti

E’ noto agli esegeti che egli ha di mira, nello stendere il suo scritto, le comunità che Paolo aveva creato nell'area ellenistica del medio Oriente classico e dell'Europa meridionale. Lo si deduce dalla parsimonia dei rimandi al Vecchio Testamento, dall'assenza nel suo scritto di ogni ipertrofia verso usanze, tradizioni tipiche della gente di Mosè, dalla disponibilità che mette in risalto, nella figura del "Signore Gesù" verso frange di disgraziati, che fra gli ebrei erano bollati da prescrizioni ingiuriose, come lebbrosi, parrucchiere, pubblicani e simili.

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Ancor più significativo il suo apprezzamento verso il ruolo della donna, che metteva sotto accusa la metodologia rabbinica. Nei racconti che aveva inteso dalla viva voce di Paolo, nelle allocuzioni rivolte nelle varie sinagoghe e, assai più spesso (dopo il rifiuto di queste), nei diversi ambienti ellenistici e romani, aveva trovato l'asse portante della sua narrazione. Il materiale che ne aveva ottenuto lo aveva completato con i dettagli ricavati a mezzo interviste personali, di cui avremo una eco commovente nel prologo del suo vangelo. Gliene erano risultati episodi e dichiarazioni dottrinali del Divino Maestro con i quali confermare le giovani comunità paoline nella "solidità degli insegnamenti che avevano ricevuto" (Lc, 1,3), dagli apostoli e loro collaboratori diretti, soprattutto dal super apostolo, Paolo. 

Così la figura del Redentore si staglia non condizionata dal rude paludamento del rabbino palestinese, e, anche se non indossa quello dei filosofi ateniesi, mostra sempre un taglio del tutto sciolto da precomprensione convenzionali, in perfetta armonia con il mondo che lo circonda. Ancora più decise le sue prese di distanza dai pregiudizi magico sacrali delle scuole ebraiche, pronto, in ogni occasione a rivelarsi con perfetta trasparenza sia nella zona palestinese (alla quale aveva voluto riservare una significativa precedenza), ma aperto anche a quella pagana del litorale fenicio e della Decapoli, dove si è permesso di allungare, in perfetta autonomia di scelta.
Il Cristo di Luca è il Profeta e il Messia di tutti, davanti al quale si dissolve ogni genere di discriminazione razziale, sociale, sessuale.
E' quello dell'apostolo Paolo, scolpito indelebilmente nella vita e nel culto protocristiano delle sue piccole ma vivacissime chiese dell'Asia proconsolare, della Macedonia, dell'Acaia, dell' llliria, come di Roma. Il nostro evangelista è perfettamente consapevole che leggeranno o ascolteranno il suo racconto queste comunità differenziate per cultura e condizioni sociali: quelle stesse che avevano ascoltato la parola vibrata del piccolo ebreo Saul, diventato Saulos poi Paolo, passato dalla posizione del rabbino fanatico, accecato dall' odio contro la nuova setta, a quella di apostolo non dissuaso né da sassaiole, staffilate, né da prigioni e naufragi, impegnato a lanciare al mondo la figura di quel Nazzareno di cui adesso lui, Luca, metteva in scritto le gesta meravigliose.

Sono annotazioni che potranno servirci, ogni volta che leggeremo o ascolteremo brani di questo vangelo, concedendoci di gustarne la limpidezza della narrazione, la venerazione profonda per la figura del Salvatore e la commovente sua accoglienza in favore di ogni genere d'infelici.

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