Lucia Burlini
Carità verso Dio ed il prossimo
La speranza di Lucia scaturiva dalla sua carità, virtù che essa praticò fin dalla sua fanciullezza, quando comprese il significato dell'esistenza cristiana: come "Servizio di Dio". Questa elezione del Bene Supremo trovò conferma nel contatto con il suo direttore spirituale, S. Paolo della Croce e fu nel secondo incontro che si sentì affascinata dall'amor di Dio: "Ero fuori di me e nè so spiegarlo...".
Un ritratto di Lucia Burlini, la "Tessitrice abbracciata dal Crocifisso"
In una lettera del 1760 S. Paolo scriveva a D. Lucattini affinché raccomandasse a Lucia non solo di staccarsi dalle cose mondane e dagli stessi affetti terreni, ma sopra tutto di "inabissarsi e perdersi sempre più in Dio ".
Non v'è dubbio che la Serva di Dio seppe attuare le esortazioni del grande santo, soprattutto per le sue sofferenze fisiche e per gli interiori travagli del suo spirito; il mistico abbraccio del Crocifisso sta a dimostrare a quale grado fosse arrivato il suo ardore.
La malattia misteriosa del 1760, chiamata da S. Paolo della Croce "infermità d'amore", lo sposalizio mistico del 1763, seguito dal matrimonio dell'anno seguente, ci danno l'altimetria perfetta delle vette raggiunte da Lucia Burlini nella sua unione con Cristo.
Questo amore per Dio si espanse verso il prossimo nelle opere di carità corporale e spirituale, come quando condusse una giovane di Piansano a fare una buona confessione da San Paolo della Croce; o come quando si dava a riconciliare le famiglie, spesso divise da rancori per liti processuali, o controversie per diritti di proprietà. Con il "segno" che il Santo le aveva donato, poté soccorrere malati che con fede applicavano a sé quella che era considerata una reliquia del grande missionario. D. Lucattini perciò la definì "amante finissima del prossimo". Né va sottovalutato il suo lavoro al telaio che, certo, non serviva a procurar denari, ma che costituiva un cespite sicuro per la famiglia numerosa del fratello. Essa fu generosa nel suo lavoro, anche se qua e là nella "Positio" appaiono contrasti tra lei e i congiunti. Il sesto consultore della Causa storica troverebbe un motivo di malumore nel fatto che Lucia si sarebbe dedicata troppo per il convento passionista di Tuscania, a scapito della famiglia. Ma osserva giustamente il Relatore generale che dai documenti in nostro possesso non risultano veri dissapori o rancori e tanto meno pettegolezzi messi in giro per il paese...
Al contrario, sappiamo con quale affetto Lucia amasse il fratello Francesco Antonio e lo aiutasse sia materialmente che spiritualmente.
Il Consultore teologo vaticano