... chissà quante cose ascolta e
quante cose sa!
"Che cosa prova un prete dietro la grata del confessionale? Chissà quante cose ascolta, quante cose sa!"
Molti considerano il prete come un ragioniere con il quale fare i conti e guai a dimenticare qualcosa!
Certo fare i conti con qualcuno non è mai un avvenimento desiderabile e così tanti cristiani hanno deciso di non fare più "i conti con Dio" e hanno smesso di confessarsi.
Perchè devo confessarmi?
Perchè andare a dire i fatti miei a un prete?
Mi colpisce molto il fatto che molti amici con i quali posso parlare di tutto, quando poi si confessano diventano preoccupati, tristi, balbettano. Leggo nei loro occhi i segni di una paura o vergogna accumulata da bambini, quando la prima confessione (e forse anche l'attuale?) era il resoconto dei "peccati dell'infanzia". Resta la paura e la vergogna non di Dio, ma del prete. Rimane la preoccupazione di un atto che deve essere compiuto quasi in modo fiscale.
Verso chiunque si confessa, come sacerdote, sento un grande amore e, una grande tenerezza soprattutto per chi è provato dalla vita con problemi gravi. Sempre mi sento degno perché devo essere in quel momento "trasparenza di Dio": sono felice quando Dio arriva dentro una creatura e dona pace vera.
Il bisogno del sacramento del perdono deve nascere nel profondo, se mi sento bisognoso dell'amore rigenerante di Dio. Questo può essere legato a una festa (Natale, Pasqua, Festa della Madonna, S.Flavio), ma non necessariamente.
Dio e la vita svegliano l'animo dell'uomo in modo imprevedibile e forse è quello il momento di "svegliare un prete" per potersi confessare.
Da quale cammino nasce il bisogno della confessione? Mi sembra che queste siano le tappe interiori da percorrere:
1) La certezza che io sono una creatura amata da Dio che mi ha fatto. Lui mi ha creato libero e io posso scegliere anche diversamente dalle vie che Lui mi ha indicato.
2) Quando io vivo seguendo il suo progetto di vita (rivelato nella vita e nelle parole di Gesù) sono felice. Se io agisco diversamente da Lui provo un senso di non vita, di vita senza senso, di vuoto interiore. Periodi, momenti di non vita, cioè di comportamenti senza amore ne abbiamo tutti ogni giorno (PECCATO).
3) In quei momenti nasce, nel profondo, il bisogno di ritrovare una vita al di fuori di quegli errori. È quello il momento del ritorno a Dio, poiché Lui è la vera strada per realizzarsi come uomini.
4) È un momento di festa grande quando io ritrovo me stesso, decido di cambiare la mia vita sui criteri del Vangelo e provo a vivere come ha vissuto Cristo. (Pensate alla felicità di un padre e di una madre il cui figlio esce guarito dalla droga e ritorna in famiglia).
È affascinante poter gradualmente costruire la nostra persona su quella di Gesù, concretamente. Ecco perché la Confessione non è solo il momento dello sguardo al male che è in me (perché confessarsi - dicono molti - se poi rifaccio le stesse cose?), non è soltanto uno sfogo dei problemi, ma è soprattutto un lasciarsi riempire con felicità da un Dio AMORE (che fa scomparire il mio non amore) e DECIDERE, con la forza di Lui, di costruire la propria vita come l'ha fatta Cristo.
La confessione è quindi l'appuntamento di un'anima con Dio per costruire gradualmente in noi la persona di Gesù Cristo.
In questo discorso, che cos'è il peccato? È la distanza che c'è tra i miei comportamenti, e i miei pensieri, le mie scelte e la vita di Cristo; è tutto ciò che compio sena Amore e mi separa da Lui che è Amore.
Se c'è tra noi crisi della confessione non riguarda solo "il modo di confessare" dei preti. Io credo che ci si confessa di meno perché c'è meno legame con Dio. Se io non ritengo che Cristo sia il centro della mia vita, colui che dà senso alla mia vita, perché devo confrontarmi con Lui?
Il problema non è la confessione. Il problema vero è: accogliere - credere a Dio come fondamento di vita e amarlo.
Chi ama non deve avere paura di confrontarsi con la persona amata. Chi crede in Dio non ha paura del suo Amore. Dio ha rivelato che ci ama proprio perché sbagliamo: e allora? Lui è amore, dà amore, non dà una... "spalluccata".