Bonaventura il Santo
II primo impatto che ho avuto con i santi era dovuto ai miracoli che facevano e così mi sono convinto che la santità non era fatta per me e che mi conveniva sedermi in platea e a rassegnarmi al ruolo di spettatore. Più tardi ho capito che per essere santi basta fare il proprio dovere nei riguardi di Dio che è il superiore ed in quello del prossimo che è fratello. È Dio che ha progettato un meraviglioso mosaico, la cui realizzazione, già in corso dall'inizio dei tempi, terminerà alla fine dei secoli, quando, risuscitati, ci renderemo conto del posto a noi riservato.
S. Bonaventura da Bagnoregio
Infatti, come tessere o pietrine, ad ognuno di noi è riservato un compito ben preciso per il cui svolgimento serve l'obbedienza al grande progettista e la convivenza tra noi condite con l'umiltà.
L'obbedienza al Signore e l'accettazione del prossimo realizzate per amore costituiscono un autentico martirio. Essere re o servi non ha importanza, perché tutti obbediamo all'unico Dio ed a Lui solo, come narra la parabola dei talenti (Mt 25,14) dovremo rendere conto.
Bonaventura è SANTO perché ha usato bene
i talenti ricevuti dal Signore.
Quando si parte è da intelligenti sapere dove e con chi si va. Bonaventura aveva un programma. "Al solo Dio ogni onore e gloria" e poi "In tutto vedi Dio e lodalo". Questo è stato il suo primo talento.
Nel 1217 il Signore chiamò Giovanni figlio di Giovanni e di Ritella, domiciliati a Civita di Bagnoregio a lavorare nella sua vigna e lo dotò delle risorse necessarie. Giovanni ha avuto genitori benestanti, capaci di sostenere spese straordinarie, disposti a separarsi dal figlio pur di sistemarlo bene e forse senza pensare nemmeno ad una sistemazione religiosa. Così la partenza da Civita per studiare a Parigi è stato un altro dono.
Altra risorsa la presenza tra Civita e Bagnoregio di un convento di francescani, persone affidabili per prendere in consegna un giovane ed accompagnarlo a Parigi con tutti i problemi della sistemazione e dell'ambientamento.
Altra dote favorevole l'intelligenza del giovane che associata alla presenza di validi insegnanti, come Alessandro d'Ales, lo condussero in breve tempo a salire speditamente tutti i gradi accademici fino a divenire lui stesso docente universitario. Anzi fu talmente intelligente che si aggiornò continuamente seguendo lezioni di varie scuole. Fu durante questi studi che si innamorò di san Francesco e ne abbracciò l'ideale.
L'essere inserito nella famiglia francescana è un altro dono ragguardevole ricevuto, sia per la nobiltà del carisma francescano che per la sicurezza offerta dalla vita di comunità.
Avendo dietro le spalle una famiglia ben piazzata, poteva veramente darsi anima e corpo al Signore.
A questo punto cambia nome ed assume quello di fra Bonaventura. Con il voto di povertà condivide la ricchezza degli ordini mendicanti che non possiedono nulla ma hanno tutto, e con quello di obbedienza si assicura il percorso sicuro.
Così, piano piano il Signore porta per mano Fra Bonaventura fino a fargli salire i più alti vertici, dall'insegnamento universitario, a Ministro Generale dei francescani, fino al cardinalato.
Non è stata una vita facile ma il Signore lo aveva provveduto bene per tutte le necessità: ha guidato per 17 anni circa 30.000 frati non sempliciotti come i primi compagni di San Francesco; ha fatto viaggi pesanti per visitare i suoi frati mentre il suo stato di salute non doveva essere ottimo, dato che è morto all'età di 57 anni e non si contano i libri e le prediche che ha fatto.
È morto con le mani pulite dopo aver maneggiato chissà quali somme.
Anche Dante ne esalterà le doti.: "lo sono la vita di Bonaventura da Bagnoregio che ne' grandi offici sempre posposi la sinistra cura" - par. XII - 127.
Le doti fatte fruttificare sono i miracoli di Bonaventura, che, restituite raddoppiate alle prime luci dell'alba del 15 luglio 1274 a Lione assistito dal Papa e pianto da tutto il Concilio, gli hanno fruttato il titolo che gli mancava: SANTO!
Don Enrico Righi