
RAPPORTO DI GESU CON I FARISEI
Ricordiamo anzitutto che "farisei"è vocabolo derivato da pharisaioi del greco neotestamentario e di Giu¬seppe Flavio e che, a sua volta,proviene dall' aramaico perisayyae diventato perusim o perusin nell'ebraico della tradizione rabbinica.

Con tutto ciò, sia detto chiaro che neppure esegeti assai competenti sanno garantirlo del tutto.
Egli accettò di dialogare anche con loro. Nicodemo era della loro corrente. Forse anche Matteo, Zaccheo e il padrone del cenacolo. Gradì l'invito di andare a lesinare a casa loro, gesto di comunione e condi¬visione, pur sapendo che , il più delle volte, lo facevano solo per studiarlo da vicino e trovare di che compro¬metterlo
.
Ogni volta che lo interpellarono (quasi mai con sincero desiderio di apprendere qualcosa di buono da lui), li lasciò esporre il proprio pensiero, come lo permetteva ad ogni altro interlocutore bene intenzionato.

Solo quando riscontrò ostinazione preconcetta e ostilità irriducibile, adoperò termini dissuasivi, e, visto che neanche questo giovava, giunse a smascherarli nella loro deformazione mentale e nella depravazione morale che caratterizzava la loro condotta.
G. Flavio afferma il contrario: Che fossero onesti e pii.
Ma mentisce: era fariseo anche lui!
Episodio paradigmatico dell'accondiscendenza che mostrò verso di essi è quello che sfocia nella para¬bola del buon samaritano.

Il fariseo non se l'aspettava; non seppe reagire e si trovò a recitare come un semplice bambino ebreo, lo Shemà, o preghiera tipica d'Israele: Ascolta Israele, Yahvè è il nostro Dio ecc.

Il racconto deve aver sorpreso quel tizio. Ma la lucidità maliziosa gli tornò, quando Gesù, gli chiese: Secondo te, chi è stato prossimo di quel disgraziato giudeo caduto fra le mani di ladri giudei? Riuscì ad evitare il termine maledetto di "samaritano" e se la cavò come tutti coloro che, sapendo di aver torto, sgusciano dalla parte che si presenta loro per prima.
PADRE BERNARDINO BORDO-passionista
