"Dentro di me ho sentito ancora la voce del Padre. Assetata sono corsa a farmi confortare. Era Lui. L'ho risentito! L'ho ritrovato, che sollievo!" (Estate 1963).
"Io sento che in Lui debbo essere serena: perché Lui è la luce, è promessa più eloquente, più vibrante che la parola umana" (Luglio 1963).
"Il mio buio mi pesa, ma lo preferisco, se questo è il prezzo per camminare con più luce dentro al cuore" (7 giugno 1963).
"Ho già sentito la Sua voce: la voce dello Sposo!" (14 agosto 1963).
"Io, nel mio buio terribile, nel mio silenzio pauroso, attendo la Sua luce e la dolcezza della Sua parola, perché Lui verrà per condurmi alla Sua casa" (1 ottobre 1963).
Benedetta sente molto la presenza del Signore, il suo sguardo (com'è diverso il suo "Dio mi guarda" dal nostro "Dio mi vede"!).
"Da quando so che c'è chi mi guarda lottare cerco di fauni forte: com'è bello così!" (28 febbraio 1961).
Benedetta, ormai paralizzata, vive la sua fede come incontro e abbraccio con il Signore, come un prendersi per mano, camminare con Lui e verso di Lui.
"Stringiti ogni giorno nella mano di Dio" (1963).
"Con Lui mi sento di poter camminare lontano, in capo al mondo, se Lui vorrà" (Estate 1963).
"Ho bisogno, per vivere, di sentire che Dio vive in me" (Giugno1963).
Particolarmente frequente è il suo abbandono sulle spalle di Cristo, che si riferisce senza dubbio alla parabola del buon pastore, vissuta però in senso personale come incontro e abbraccio con lo Sposo, l'unico vero abbraccio a lei possibile a un livello mistico elevato e singolare.
"Le mie giornate sono lunghe e faticose, però con l'aiuto divino riesco ,a riposarmi, abbandonata sulle spalle di Cristo. Con Lui mi pare di essere in una cella chiusa, ma in cammino verso un porto dove la pace è sicura ed eterna. E mi sciolgo in tenerezza, trasalendo quando mi pare di essere da Lui presa per mano" (Pasqua 1963).
"Mi sono trovata abbandonata sulle spalle di Cristo. Avevo timore, prima, di farlo; era il timore della croce" (Giugno 1963).
"Signore, mi hai afferrata... mi hai segnata col fuoco del tuo amore, del tuo sguardo che si è fermato un attimo su di me e io ti ho sentito" (17 maggio 1963).
"Tutto quello che è saldo in noi è perché Dio ci tiene stretti con la Sua mano, momento per momento" (Luglio 1963).
"Io lo chiamo qui accanto a me, come se il mio letto fosse una piccola grotta, una deserta cella, e Lui dovesse aiutarmi ad uscire ed a insegnarmi ad assolvere meglio il mio compito" (22 aprile 1963).
"Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio. Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui" (1963).
Vengono spontanee alcune domande a chiunque accosta il mistero della vita di Benedetta. Come ha fatto a portare questo "infinito senso di dolore e di angoscia"? (22 aprile 1963).
Come ha superato la paura che prende perfino chi legge la sua vita? Come ha superato la disperazione, diventando da questo punto di vista un faro e un modello per i nostri tempi malati di depressione e angoscia?
Tali domande trovano risposta nei pensieri tratti dalle sue lettere.
"Ho tanto desiderio di salire, ma la montagna verso l'Alto è faticosa, e se Lui non mi tende la mano per aiutarmi, io non riuscirò più a fare passi" (13 maggio 1963).
Da questa fede e da questa preghiera, da questa unione mistica Benedetta ha trovato una pace profonda:
"Tutto è grazia, tutto è bene, tutto va a gloria di Dio" (19 settembre 1963).
"Più vado avanti, più ho la certezza che «grandi cose ha fatto in me Colui che è potente» e l'anima mia glorifica il Signore. Davvero in ogni attimo, in ogni soffio, io ho le prove che Dio mi aiuta dolcissimamente" (11 ottobre 1963).
"Prima nella poltrona, ora nel letto, che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli" (1963).
Quanta forza cè in questo suo grido:
"Sono cieca, sorda, quasi muta, perché a fatica mi faccio capire, ma io dico con S. Giovanni nel Vangelo: in principio era la luce " (Maggio 1963).
Io nel mio cuore, mi sentivo trasalire di gioia (ultima lettera 11 gennaio 1964).
Davanti a questo altissimo esempio che ci ha dato Benedetta, mi sembra che il cammino più bello e penetrante lo abbia dato Maria Grazia Bolzoni:
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