"Dicevano: si sono ubriacati di mosto" (At. 2,13)
II primo atto di vita della Chiesa nascente può essere considerato il discorso di Pietro, davanti alla provocazione di chi era accorso al primo segno del terremoto del mattino di Pentecoste e a quel sentirli parlare in modo assai strano per loro, cioè ciascuno nella propria lingua. "Li deridevano e dicevano: si sono ubriacati di mosto (At. 2.13).
L'apostolo prese la parola, e tirò giù un discorso del tutto sproporzionato alle possibilità di un pescatore di Genezaret, anzi riprovevole in uno che non era né rabbi, né levita, dato che, ormai, dovevano essere conosciuti da tutti, per la loro assiduità al tempio. Cominciò con citazioni del profeta Gioele, nientemeno, ed ebbe l' ardire di applicarli a quel Gesù di Nazareth che tutti i presenti avevano conosciuto, o quanto meno ne avevano inteso raccontare la fine ignominiosa, essendo stato inchiodato sulla croce per mano di empi (caro Pietro! che ancora non dimenticava gli epiteti ingiuriosi di stampo ebraico, affibbiati ai romani, in certo senso meno empi dei suoi compatrioti! ). Aveva, dunque, continuato, citando salmi, per dimostrare che quanto era accaduto rientrava in un piano provvidenziale di salvezza non solo per Israele, ma per tutti i popoli, dimostrando l'assunto attraverso la risurrezione della Vittima. L' argomentazione passava, appunto attraverso due dichiarazioni perentorie: la reale risurrezione del Cristo, come sigillo della mano dell'Altissimo e la consapevolezza propria, nonché dei colleghi, della responsabilità che si assumevano.
La conclusione era scontata:" sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso" (At 2, 36).L'effetto fu clamoroso: la conversione di qualche migliaio di israeliti alla fede nel Cristo.Tuttavia quel discorso era stato pronunciato in un luogo appartato; la stessa conversione in massa non dovette assumere connotazioni tali, da dare sull'occhio al sinedrio, pur così vigile. La detonazione vera si ebbe al momento della guarigione dello storpio sulla soglia della "Porta bella" che immetteva dal portico dei pagani a quello delle donne ("bella" perché di bronzo fuso a Corinto). Questa volta si era in luogo pubblico, anzi semi ufficiale, il portico di Salomone, e ci fu subito chi avvertì i diretti interessati, i quali non si fecero attendere. "Stavano ancora parlando (quindi non si era esposto solo Pietro), quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei " (At 4,1).Si tratta di tre categorie che vanno tenute presenti: Luca le enumera con esattezza esemplare, in forma progressiva, cioè dal meno importante al capo supremo. Abbiamo, dunque: sacerdoti di secondo grado, capitano del tempio, inferiore soltanto al sommo sacerdote, e sadducei vale a dire i sommi sacerdoti Anna e Caifa con altri scaduti. II capitano del tempio, come sorvegliante responsabile del luogo sacro (J.Jeremias, op.. 258 ss), li aveva allentati tutti. Questi signori, informati su ciò che accadeva, si concessero solo di accertarsi se effettivamente si stesse parlando di quel tale avversario, di cui credevano di essersi sbarazzati e che, al contrario, dando ascolto a quelle teste calde, sarebbe risorto, anzi in grado di operare ancora prodigi. come da vivo. Non c'era altro da fare:" Li arrestarono e li portarono in prigione". L'espressione ribadisce che, in realtà, i protagonisti di quell'inizio di tragedia, erano Pietro e Giovanni, già praticamente considerati le colonne" ( Gal 2, 9) della Chiesa delle origini.Ormai tutto è stato scoperto. II sinedrio sicuramente riuscirà a rendersi conto che, in quei cinque anni trascorsi dall'esecuzione dell'avversario, non era vero che la sua opera si fosse annullata. Per adesso, doveva prenderne atto. Quando la sfida non era più da parte di un solo avversario, ma di tanti. quanti si erano già schierati con lui, sicuramente non disposti a cedere alla violenza.