Data & stile composizione
Sulla datazione dei 4 Vangeli non si è stati mai d'accordo, fra studiosi. La preoccupazione teologica ha, talvolta, impedito di vederci chiaro. Oggi non si ha difficoltà a collocare quelli di Marco e Matteo prima della distruzione di Gerusalemme, quello di Luca poco dopo e di Giovani non prima del 90. Ma siamo sempre sull'approssimativo, molto approssimativo.
Che Luca abbia stilato il suo vangelo dopo la catastrofe del popolo ebraico, a causa della furiosa ribellione capeggiata da Giovanni di Giscala, appare evidente dalla precisione con cui trascrive il famoso discorso escatologico del Salvatore, nel quale sono intrecciate due profezie: quella lontana della fine del mondo e quella prossima della fine dello stato ebraico. Luca sa leggere come nessun altro i punti che si riferiscono all'uno o all'altro evento: scrive a ridosso della vittoria di Tito.
Assai più agevoli i rilievi sulla lingua e sul metodo di ricerca dei quali si è servito.
La lingua è il greco comune, koinè, diventato quasi universale nell'impero romano: non sfavillante come quello dell'Atene di Pericle, ma sempre assai composto ed espressivo. Un esempio: il prologo rivela una scelta di termini e un impasto compositivo che farebbero onore anche a Senofonte.
Con questo si è già a parlare nello stile letterario al quale Luca si è affidato.
Tutto l'insieme del dettato viene avanti in senso unitario, da facilitare il lettore nella valutazione degli episodi e del loro significato. Egli ha davanti a sé il Cristo pasquale, così bene illustrato dal suo maestro Paolo, quindi per lui è tranquillamente "il Signore", corrispondente all' Adonai degli ebrei, impediti di dire Jahvè. E presenta la sua figura impegnata in un unico cammino che riassume ogni altro intrapreso effettivamente da Gesù, durante la sua vita terrena, verso una Gerusalemme che non è più per Luca né quella di David, distrutta dalle armate babilonesi, né quella di Erode, atterrata dalle catapulte dei legionari romani, ma il luogo ideale della morte e del trionfo di Cristo.
Forse meglio che altrove, la perizia compositiva di Luca risulta da un' attenta analisi del Prologo, formulato in un greco esemplare (cf. Lc 1, 1-4). Parte dalla constatazione che molti lo hanno già preceduto nello "stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi"'; ma si avvede (tuttavia non lo dice) che qualcosa manca a quei racconti, e intende adesso riferirli lui. Disponeva di fonti diverse? Sembra di sì.
Difatti ci tiene a dire che, pur non pretendendo di essere uno storico di professione, essendo semplice medico, si è dato pensiero di assumere le vesti di un moderno reporter per "fare ricerche accurate su,ogni circostanza, fin agli inizi". Quindi, lasciando intendere al lettore che anche lui prenderà come fonte d'informazione "coloro che furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola", apostoli, discepoli e pie donne (tre gruppi che soltanto Luca sa ben distinguere), concentrerà la sua attenzione sulle "circostanze", cioè sui fatti e loro annessi: e "fin dagli inizi' (allusione non sappiamo se ai racconti dei due primi capitoli, o dal battesimo in giù), affinché "lillustre Teofilo", personaggio storico o simbolico del credente assetato di verità evangelica, si "possa rendere conto della solidità degli insegnamenti" già ricevuti.
Luca ci riserverà altre sorprese, di cui dovremo ringraziarlo, per il contributo che con la sua fatica ci ha donato ad una conoscenza più umana del Cristo.