EVANGELISTA MARCO
SCOPO DEL SUO VANGELO
Immaginatevi LEGHIO, che è la parola latina Legio (legione), KENTURION, Centurio (centurione), FRAGHELLON, Flagellum (flagello). Ma la cosa non è così convincente: Marco ne cita anche di origine aramaica, come TALITHA (fanciulla), KORBAN (deposito di denaro sacro), soprattutto ABBA (padre), quando si tratta di parole di Gesù rimaste scolpite nel ricordo dei primi cristiani.
Dunque il Vangelo di Marco è stato scritto in lingua greca popolare (koinè), che, al suo tempo, era parlato tranquillamente in tutto l'impero, quindi anche a Roma.
Anzi tutta la trama della composizione marciana punta a presentare Gesù non solo come Figlio di Dio, frase che poteva essere relativizzata in Messia, punto e basta, ma come uguale a Dio, insomma Dio da Dio (avrebbero detto i Padri di Nicea). Mirano a questo le tre teofanie, ossia manifestazioni della presenza personale di Dio, riportate da Marco: al Battesimo, alla Trasfigurazione e al Golgota con quel genere di morte seguita dalla risurrezione.
La stessa voce viene fatta sentire sul Tabor, al momento della Trasfigurazione: " Questi è il mio Figlio amatissimo: ascoltatelo" (9,7). C'è solo l'aggiunta: Ascoltatelo! segno che si erano moltiplicate le difficoltà di accettazione del messaggio evangelico, da parte dellefolle. Sul Golgota, la teofania non si sarebbe presentata tra bagliori di lampi sfavillanti, ma fra le tenebre dell'agonia, nelle quali l'altro evangelista, Giovanni, avrebbe scorto il segno più convincente della maestà divina del Cristo.