
La parabola non è
una favola, ma la
semplificazione
del messaggio

Una raffigurazione della
parabola del "Buon samaritano"
Il più abbondante è Luca.
Giovanni sembra non essersi interessato a questo genere letterario, avendolo già trovato nei colleghi; per cui si è dato cura di trasmetterci altri eventi e prodigi, presentati come segni, cioè aspetti misteriosi e salvifici dell' insegnamento di Cristo.
Marco precisa che «senza parabole non parlava loro» e tuttavia «in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa» (Mc 4,34).
In verità, che il Salvatore abbia parlato anche senza la mediazione della parabola, sta a dimostrarlo il cosiddetto Discorso della Montagna, dove tutto assume forma diretta e non parabolica: gli aforismi vengono scanditi con mirabile chiarezza e immediatezza, senza alcun uso del genere parabolico.

Raffigurazione del
"Discorso della montagna"
Così in altri innumerevoli casi.
In conclusione, è lecito affermare che il ricorso alla parabola avvenne in un secondo tempo, quando l' insegnamento andò approfondendosi e condensandosi, per cui parve opportuno servirsi di un linguaggio figurato, per facilitarne nel contempo comprensione e memorizzazione.
Indubbiamente, la difficoltà che non ci trovavano gli ascoltatori diretti del Signore ce la troviamo noi, dato il modo diverso di concepire le cose e di esprimerle, assai lontano da quello semitico di oltre duemila anni fa.
Intanto è sorprendente che un ascolto per tanti secoli delle parabole evangeliche nelle assemblee eucaristiche cristiane, benché proclamate in latino, abbia raggiunto connotati tanto familiari, da far sì che lo stesso vocabolo parola, sia derivata non dalla matrice latina verbum, ma da parabola.
Così il termine spagnolo palabra e altri di lingua neolatina.
Più evidente di così, il prestigio assunto dalla parabola, tanto cara a Gesù?