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I soldati nella Passione

Durante lo svolgersi del dramma della Passione di Gesù, si muovono, in parte attiva e a volte determinante, alcuni legionari romani. E’ interessante comprendere il significato della loro presenza. E’ noto che il procuratore Ponzio Pilato aveva a sua disposizione cinque coorti di legionari, di cui una la lasciava a disposizione dell’autorità religiosa, in Gerusalemme, per le esigenze di ordine pubblico.

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Le altre erano dislocate nelle zone calde della Palestina, o in quelle di frontiera, come ad. es. sulle alture del Golam.Queste coorti avevano “titoli“ particolari, come quella di poco posteriore all’amministrazione di Pilato, che si chiamava “ Italica” ed era di operazione a Cesarea Marittima, sede del procuratore.

Non siamo in grado di precisare se i legionari che incontriamo durante la Passione di Gesù appartengano alla coorte destinata a Gerusalemme o ad una di quelle che Pilato conduceva con sé. Molto verosimilmente si trattava di questo secondo caso.

Il gesto della coronazione di spine fa supporre che quei militi, se anche appartenevano alla coorte Italica, erano elementi provenienti dalle zone orientali ed asiatiche dell’Impero.

Quella forma di corona non richiamava la corona d’alloro dei duci romani, ma quella dei re orientali, assiri, babilonesi, che era a forma conica, come la tiara medioevale dei nostri papi.

A guidare il funereo corteo della Via Dolorosa di Gesù, sembra che vi fossero solo quattro legionari, di cui uno era il praeco, o banditore, che doveva, a mezzo tuba o corno, richiamare l’attenzione del pubblico e poi proclamae le motivazioni della condanna dei tre morituri.

Più un centurione, chiamato, in quel caso exactor mortis, esattore della morte, sul quale gravava la responsabilità della esecuzione secondo la legge, dandone poi, notizia ufficiale al procuratore.

Il numero dei legionari lo apprendiamo dal gesto con cui gli stessi legionari, appena ebbero appesi i cruciarii al patibolo, si misero a terra, a spartirsi le vesti e quanto altro avessero portato fin lì le vittime.

Nel caso di Gesù, sappiamo che le vesti furono ripartite in quattro parti, una per ciascun soldato, come annota Giovanni.

La tunica, perché senza cuciture, non fu tagliata a pezzi, a strisce, come il mantello e gli altri effetti personali, ma messa ai dadi.

Apprendiamo dagli storici romani che quella roba era per legge riservata ai soldati che avevano eseguita la sentenza. Dunque erano quattro (il centurione e il banditore non ne avevano diritto).

A questo punto ci domandiamo come abbiano fatto, quegli uomini d’armi, a proteggere Gesù e gli altri dalla furia scatenata dei sinedristi e di una massa sicuramente ingente di popolo. Eppure sappiamo che questa protezione ci fu, che strinsero i tre in una cerchia di ferro, oltre la quale nessuno osò penetrare; l’episodio della Veronica sappiamo che è totalmente immaginario, e solo Simone di Cirene potè accostarsi, perché costretto con la forza a dare aiuto al Salvatore.

Adesso sul Golgotha, avevano tenuto a rispettosa distanza tutti plebaglia e caporioni ebrei: anche la Madre e le pie donne, che si poterono avvicinare alla Croce, solo ad esecuzione ultimata.

Le altre erano dislocate nelle zone calde della Palestina, o in quelle di frontiera, come ad. es. sulle alture del Golam.Queste coorti avevano “titoli“ particolari, come quella di poco posteriore all’amministrazione di Pilato, che si chiamava “ Italica” ed era di operazione a Cesarea Marittima, sede del procuratore.

 

Non siamo in grado di precisare se i legionari che incontriamo durante la Passione di Gesù appartengano alla coorte destinata a Gerusalemme o ad una di quelle che Pilato conduceva con sé. Molto verosimilmente si trattava di questo secondo caso.

Il gesto della coronazione di spine fa supporre che quei militi, se anche appartenevano alla coorte Italica, erano elementi provenienti dalle zone orientali ed asiatiche dell’Impero.

Quella forma di corona non richiamava la corona d’alloro dei duci romani, ma quella dei re orientali, assiri, babilonesi, che era a forma conica, come la tiara medioevale dei nostri papi.

A guidare il funereo corteo della Via Dolorosa di Gesù, sembra che vi fossero solo quattro legionari, di cui uno era il praeco, o banditore, che doveva, a mezzo tuba o corno, richiamare l’attenzione del pubblico e poi proclamae le motivazioni della condanna dei tre morituri.

Più un centurione, chiamato, in quel caso exactor mortis, esattore della morte, sul quale gravava la responsabilità della esecuzione secondo la legge, dandone poi, notizia ufficiale al procuratore.

Il numero dei legionari lo apprendiamo dal gesto con cui gli stessi legionari, appena ebbero appesi i cruciarii al patibolo, si misero a terra, a spartirsi le vesti e quanto altro avessero portato fin lì le vittime.

Nel caso di Gesù, sappiamo che le vesti furono ripartite in quattro parti, una per ciascun soldato, come annota Giovanni.

La tunica, perché senza cuciture, non fu tagliata a pezzi, a strisce, come il mantello e gli altri effetti personali, ma messa ai dadi.

Apprendiamo dagli storici romani che quella roba era per legge riservata ai soldati che avevano eseguita la sentenza. Dunque erano quattro (il centurione e il banditore non ne avevano diritto).

A questo punto ci domandiamo come abbiano fatto, quegli uomini d’armi, a proteggere Gesù e gli altri dalla furia scatenata dei sinedristi e di una massa sicuramente ingente di popolo. Eppure sappiamo che questa protezione ci fu, che strinsero i tre in una cerchia di ferro, oltre la quale nessuno osò penetrare; l’episodio della Veronica sappiamo che è totalmente immaginario, e solo Simone di Cirene potè accostarsi, perché costretto con la forza a dare aiuto al Salvatore.

Adesso sul Golgotha, avevano tenuto a rispettosa distanza tutti plebaglia e caporioni ebrei: anche la Madre e le pie donne, che si poterono avvicinare alla Croce, solo ad esecuzione ultimata.

AS VIAS DO ESPIRITO

CARTA DE UM APENADO AO ERGASTOLO

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CARTA DE UM APENADO
 AO ERGASTOLO

 
Deus,  eu sei que não deveria te escrever porque sou um atéu e não creio que voce exista, mas escreví um pouco à muitos e ninguém me respondeu, por isso pensei de me dirigir também a voce.
 
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Deus, nós somos os ruins e culpados para sempre, somos apenados ao ergastolo e impedidos de qualquer benefício, daqueles que devem viver no nada do nada e à margem de uma cela por toda a vida.
 
Deus, diga voce mesmo aos humanos que a pena deve ser boa e não ruim e que deveria educar e não vingar.
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Deus, o apenado ao ergastolo não vive, pensa em sobreviver, mas na realidade nem faz isso, porque o ergastolo mantém para sí a vida.
 
Deus, nenhum humano ou desumano mereceria viver com uma pena que não tem fim, todos deveriam ter o direito de saber quando termina a propria pena.
 

Codice shinistaT

THE WAYS OF THE SPIRIT

IT'S CHRISTMAS !

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IT'S CHRISTMAS !
THE TRULY JOY OF THE HEART.


Five centuries before the coming of Christ, the King of Babylon ( today Bagdad) invaded Israel and deported ali the population to Mesopotamia. The voice of the Prophet lsaiah,walking among the people encouraging them: " Do not be afraid,for behold your God will come to save you ... And you Bethlehem are not the smallest of the villages of Israel, from you a Savior will be born.

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Finally, after a long waiting, the Salvation Game.
C

LOS CAMINOS DEL ESPIRITU

EL INCLINARSE DE DIOS EN NAVIDAD…

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EL INCLINARSE DE DIOS EN NAVIDAD…

“Dios se inclina”. Esta es una palabra profética. En la noche de Belén, esta palabra ha adquirido un sentido completamente nuevo. El inclinarse de Dios ha asumido un realismo inaudito y antes inimaginable. Él se inclina: viene abajo, precisamente Él, como un niño, incluso hasta la miseria del establo, símbolo de toda necesidad y estado de abandono de los hombres. Dios baja realmente. Cuánto desearíamos, nosotros los hombres, un signo diferente, imponente, irrefutable del poder de Dios y su grandeza. Pero su señal nos invita a la fe y al amor, y por eso nos da esperanza: Dios es así. Él tiene el poder y es la Bondad.
El hombre puede ser imagen de Dios, porque Jesús es Dios y Hombre, la verdadera imagen de Dios y el Hombre.
S.S. Benedicto XVI
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WEGE DES GEISTES

La mia speranza

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La mia speranza

Riflessione
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A cura di
Don Lucio Luzzi


Sei tu, Signore: il mio futuro, la mia eternità. Domani sarò solo un nome, apposto su di una lapide sepolcrale con una foto dallo sguardo senza punto di riferimento o, tutto al più, su qualche copertina di libro, che nessuno più prenderà in mano. Per il resto, mi ricorderà solo chi mi ha incontrato, pensandomi ridotto a poche ossa e tanta polvere, in non so quale cimitero. Poi dopo, silenzio perfetto. Ma è proprio in quel silenzio che io sarò con Te, Maestro mio: con il meglio di me, senza il peggio che non ho mai voluto, ma consono stato capace di togliere completamente da me, per una incoerenza inspiegabile.