METTEVI A SUO AGIO CHE SI AVVICINAVA
Nel prendere contatto personale con te, Maestro divino, prevale tuttora, fra noi tuoi fedeli, il rispetto, cioè lo stare ciascuno a posto suo, come si fa con persone di riguardo. Non è, di certo, il meglio che si possa fare con te. Nel racconto evangelico balza evidente che non era esattamente il rispetto ciò che richiedevi da chi ti avvicinava.
Se l'interlocutore partiva sicuro della tua accoglienza, lo lasciavi esporre quanto desiderava comunicarti; se lo vedevi impaccIato, lo incoraggiavi, sgombrando tu stesso la via da ogni ostacolo che impedisse una conversazione dominata da fiducia totale.
Nel primo caso, cioè con chi ti avvicinavi senza timore, eri tu a facilitare I'esposizione di quanto ti voleva confidare e creavi rapidamente quel clima d'intimità che agevolava l'esternazione perfetta e creava una pace mai provata con quella intensità, da stimolare sempre più ad affidarsi a te.
Nel secondo caso, trovavi tu stesso e con estrema naturalezza i mezzi di aprire mente e cuore a chi nemmeno si aspettava d'incontrarti. Così ricordo il tuo primo incontro con il futuro apostolo Filippo.
E con maggior stupore quello con la donna samaritana, al pozzo di Giacobbe.
Sgombrato il passaggio da ogni ostacolo, uomini e donne, bambini e perfino avversarti, si sentivano subito avvolti da un clima che creava serenità, sicurezza interiore, perfino lestasi di un incanto impossibile da attendersi con altre personalità di questo mondo.
Insegnala almeno a noi: che tu e tu solo sei in grado di penetrare in noi senza ingombrarci, dirradiarci della tua luce senza abbacinarci o plagiarci, di riempirci di Te, senza provocare sensi di rigetto, dinnamorarci di te, per liberarci da ogni forma di egoismo e aprirci sempre più ai tuoi e nostri fratelli.