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Cosa dirò al confessore? Con quali parole?

Vi siete resi conto che, nel linguaggio ufficiale di Chiesa e in quello preciso dei teologi, si evita di dire confessione e si preferisce parlare di Sacramento della Penitenza,  della riconciliazione, della conversione? Semplice mutamento di gusto letterario? Nemmeno a pensarlo.
Dire Confessione - dal tardo latino confiteri, confessare significava porre l'accento sull'accusa dei peccati dando ad essa un ruolo predominante sull'insieme degli atti richiesti per ricevere il sacramento. Sono cinque: esame, dolore, proposito, accusa dei peccati e soddisfazione (o penitenza).
Avremo modo di mettere in chiaro per quali motivi storici, pastorali, sia successo così, che, cioè, su tutto il resto abbia prevalso l'accusa dei peccati.

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E certamente lo ricordate anche voi, che il pensiero la preoccupazione, che diventava spesso assillo e tormento, derivava proprio da questo fatto dell'accusa: Che dirò?… Come lo dirò?...

Pensate un momento a quanto vi può essere capitato a 17 anni,mettiamo da fidanzati, caso mai vi fosse successo con lui un gesto un po' meno controllato,insomma quasi audace: vi si piantava subito dentro l'anima come un macigno: "E ora che dirò al confessore?... Con quali parole mi esprimerò?... La pena era quasi tutta lì, per quel motivo; e sopraffaceva del tutto l'unica cosa da chiedersi: "Cos'ho fatto? Ho proprio tradito il Signore?”.

Chi mai si era accorto che tutto quello spasimo interno era alienante; fuorviava, cioè, l'attenzione della mente sul fatto in se, sull'offesa recata a Dio,se veramente era così, per lasciare ogni spazio  ad un elemento importante del sacramento della penitenza, ma non il più importante, non l'essenziale.