Ebraismo palestinese
ed ebraismo della diaspora
La religione ebraica dei tempi di Gesù e della Chiesa nascente veniva vissuta in due maniere diverse dagli ebrei della Palestina e quelli della Diàspora. Diaspora, vuol dire "disseminazione" e allude alle innumerevoli piccole colonie israelitiche esistenti nell'area dell'impero romano e oltre, risalenti, in alcuni casi, a deportazioni anteriori all'arrivo del console romano Scauro e poi del triunviro Cneo Pompeo in Giudea. I primi, nati e vissuti nella Palestina, erano, naturalmente, molto attaccati alla torah, o legge di Mosè, al culto quasi magico del tempio di Gerusalemme.
Gli altri, derivanti dall'area greco - romana, o da altre nazioni, dimostravano un atteggiamento più libero, diciamo più moderno.
I giudei palestinesi erano di stampo che oggi chiameremmo conservatore; ma di un conservatorismo che non ha nulla a che fare con quello di certi cristiani e preti di oggi.
Dall'epoca della rivolta contro l'ellenismo del III secolo avanti Cristo tutto si era irrigidito nel culto delle patrie leggi, dalla codificazione biblica alle prescrizioni del fariseismo che ne era seguito.
Si trattava di un attaccamento alle tradizioni religiose considerate come collante della razza. Tali erano l'osservanza di meticolose abluzioni rituali, astensione da carni immonde, divieto di matrimoni eterogenei, culto del sabato, fino a discutere seriamente se l'uovo fatto da una gallina in quel giorno potesse essere mangiato lecitamente, o no.
E cento, e mille altre cose del genere, che a leggerle nel Talmud ci si smarrisce, anche se abituati alle sottigliezze della nostra scolastica medioevale. Differenti gli ebrei nati o vissuti all'estero: stessa adesione alla legge mosaica e alle tradizioni, ma capacità di interrogarsi su dove l'essenziale e dove l'accessorio. In tutti i casi, dovevano e potevano farlo fuori della Palestina. Dentro, era prudente astenersene.
Ci sarebbe ora da aggiungere che, anche nell'alveo della Palestina, a parte la Samaria, considerata terra di gente spuria, la religiosità della Galilea era differente da quella della Giudea. In questa seconda regione predominava la ragione del culto, delle feste, del ritualismo; in Galilea l'attaccamento alla tradizione era del genere di chi si mostra francese fanatico, appunto, perché, in effetti puro francese non è, essendo navarrino o savoiardo.
Se volessimo andare più a fondo, ci avvedremmo che il ritualismo della Giudea copriva più facilmente lo sfruttamento dei pellegrini, il tribalismo facile all'odio e alla vendetta, con tutti gli altri vizi bollati dagli antichi profeti d'Israele. In Galilea la religiosità era più semplice e sincera, la moralità più elevata; ma si saldava ad un nazionalismo spericolato che, di tanto in tanto scatenava sommosse, guidati da zeloti scriteriati, regolarmente messi in riga dalle coorti dei procuratori romani.