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L'imitazione dei Santi

Se c'è un tesoro che la Chiesa ha sempre apprezzato, è la devozione ai Santi: una devozione che comportasse ammirazione per la loro fedeltà nella sequela di Cristo ed imitazione delle loro virtù, dichiarate generalmente eroiche, cioè non comuni nella condotta dei fedeli. Teniamo presente questo particolare, perché, in effetti, oggi chiamiamo santi solo quelli che sono stati dichiarati tali dalla Congregazione Vaticana dei Santi, dopo essere passati dal titolo di Venerabili e Beati. Ma ai tempi apostolici e fra i primi cristiani, tutti i credenti erano consideraii santi, perché consacrati a Dio dal battesimo e da una condotta veramente evangelica.

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Limitando la nostra l'attenzione all'impegno della imitazione della loro santità, basterebbe ricordare che lo stesso apostolo Paolo, raccomandava ai suoi seguaci: «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor 11,1). Come al solito, anche questa espressione dell'apostolo, non sempre è stata compresa ne senso inteso da lui. Paolo si propone solo come punto intermediario di imitazione, per facilitare il passaggio dei suoi discepoli verso quello centrale:

Cristo Gesù

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In altra sede abbiamo spiegato che solo Gesù è il vero modello, non un apostolo, non un anacoreta, non una monaca, perché solo Lui può riprodursi perfettamente in ciascuno di noi: sia uomo che donna, sia italiano che greco, sia del mille che del duemila. Nessun altro possiede questa prerogativa, perché ciascuno di noi è dotato di una formula personale che in sé è irripetibile e incomunicabile.

Se si tentasse di imitare una creatura, anche la più santa, se ne otterrebbe solo di diventare non autentici, anzi goffi.

Io devo diventare povero, ma non come San Francesco, perché lui aveva un temperamento, io un altro, lui viveva da italiano del mille e due, io del duemila dodici. Una ragazza non può imitare la purezza di S. Gabriele passionista, perché lui è un uomo, lei una donna, lui aveva un formazione psicologico - morale, lei un'altra.

Dunque quando si parla di "imitazione dei santi" dobbiamo intendere l'impegno di apprendere da ciascuno di essi, quanto conviene alla nostra statura morale e alle nostre esigenze di perfezione evangelica.

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Questo, in sostanza, è il contributo provvidenziale che ci giunge da loro: che ciascuno di noi possa trarre dalla loro testimonianza quanto ci occorre, per una sequela perfetta del Salvatore: la fedeltà a Dio, la costanza nell'impegno, il distacco dalle creature, l'amore ai fratelli, anche nel caso ci avessero offeso e ogni altra virtù di cui riconosciamo come modello assoluto il nostro Salvatore.

Inoltre pregano perché anche noi, possiamo un giorno, raggiungerli nella patria celeste, dove ci attendono, per lodare e glorificare Dio insieme a loro.


Don Lucio Luzzi
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